INDUSTRIA E AMBIENTE: IL CASO TARANTO
Proviamo a riflettere, quasi un esercizio di autoformazione civica, su quale trasformazione epocale sia avvenuta in Germania nella regione della Renania, cosiddetto bacino della Ruhr, a partire dagli anni ’90 nel secolo scorso. Un esercizio mentale utile a capire come siamo messi in Italia…Per circa un secolo e mezzo, partendo dall’’800, questo vasto territorio, al confine con Francia e Belgio, ha ospitato le più importanti miniere di ferro e carbone della Germania, oltreché, in tempi successivi, impianti siderurgici, metalmeccanici, chimici, tessili e tante altre industrie che hanno contribuito all’affermazione di questa nazione nel panorama industriale europeo.A seguito poi di una profonda crisi, nel periodo degli anni ’60 e ’80, le miniere chiusero i battenti come pure buona parte delle industrie siderurgiche e affini. Seguirono anni di disoccupazione ma poi, nei primi anni ’90, il Land Renania Vestfalia lanciò un progetto ambizioso che poggiava sulla sinergia di università, enti locali, studi professionali e associazioni ambientaliste e che aveva come obbiettivo finale la riconversione socio-economica dell’intera area di circa 4.600 km² con una popolazione di circa 6.000.000 di abitanti. In una quindicina d’anni, investendo circa 6 miliardi di euro, furono realizzate tantissime opere di grande rilievo quali il Parco Paesaggistico del fiume Emscher, l’Università di Bochum, il Centro eventi di Jahrhunderthalle, il Deutsche Bergbau-Museum di Bochum, che è il più grande museo minerario al mondo, il parco Duisburg-Nord dove un tempo sorgeva l’acciaieria della Tyssen e poi tanti altri musei sparsi nella regione e visitati da migliaia di turisti l’anno. L’insieme di tutte queste iniziative ha portato migliaia di posti di lavoro e un’alta qualità di vita…Ora invito tutti a collegarsi con Google Earth puntando su Taranto….fatto?…Noterete che l’acciaieria ex Ilva ed ex Italsider è posizionata a nord del cosiddetto Mare piccolo e che le case del quartiere Tamburi più vicine al deposito dei minerali solidi (parte sud delle acciaierie) distano appena 300 m (trecento metri!) da esso. Invece le prime case del centro storico di Taranto, subito a sud del Mare Piccolo distano circa 2 km, mentre tutte le altre facenti parte del nucleo centrale della città si allontanano sempre più fino a circa 7 km. Ora viene da chiedersi, al netto degli interventi previsti dal piano sottoscritto dal nuovo gestore (ArcelorMittal) e da effettuarsi in tempi prestabiliti al fine del risanamento ambientale e il miglioramento della sicurezza sul lavoro, come mai “nessuno” abbia mai pensato in tutti questi anni, anzi decenni, di spostare il quartiere Tamburi a sud della città dove sono presenti migliaia di ettari di zone aperte per uso agricolo? In Giappone un intervento del genere l’avrebbero fatto in due anni…certo non sarebbe stata la soluzione di tutto il problema ma sicuramente un primo concreto passo avanti. Purtroppo il problema Taranto di passi avanti non ne ha mai fatti in tutto questo tempo, anzi…Nella primavera del 1965 l’allora Italsider, azienda pubblica e più grande industria siderurgica del paese, fu inaugurata in pompa magna dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat dopo cinque anni dalla posa della prima pietra. L’evento fu accolto dall’opinione pubblica come uno dei tanti simboli del miracolo economico italiano e in questo caso particolarmente ben visto in quanto portatore di decine di migliaia di posti lavoro ‘sicuri’ nel Mezzogiorno d’Italia, da sempre afflitto da problemi occupazionali. Negli anni settanta l’impianto raddoppiò il volume produttivo diventando, di fatto, il più grande centro siderurgico d’Europa. Per vent’anni produsse acciaio pubblico fino alla metà degli anni ’90 quando finì in bocca allo squalo Riva che ne fece l’Ilva. Col passare degli anni sempre più si resero evidenti i problemi d’impatto ambientale sul territorio circostante e sulla salute dei tarantini, con particolare riferimento agli abitanti dell’ormai famoso quartiere Tamburi, “appiccicato” al lato sud del mostro d’acciaio.Siamo ai nostri giorni, ArcelorMittal, subentrato ai Riva, decide di chiamarsi fuori dall’acquisto dell’ex Ilva e ora la preoccupazione del futuro incombe su Taranto ma direi anche…sul nostro sfortunato paese, privo, da anni, di una classe politica all’altezza del suo ruolo. Grandi problemi richiedono progetti elaborati da grandi politici, dove per grandi non s’intendono Batman o Nembo Kid ma persone serie e capaci che sappiano progettare un sistema paese per il medio e lungo periodo (???…!!!). C’è poi la sfera privata delle imprese e, per esperienza personale, so che industria e ambiente, grazie alle tecnologie attuali, possono essere compatibili a patto che coesistano tre componenti: competenza, serietà del management e risorse economiche da investire.
