VENEZIA AFFONDERÀ? IL COMUNE HA SCELTO LA STRADA PIÙ SEMPLICE PER FARLA MORIRE

Affonderà? Non affonderà? Il grande pendolo dell’osservazione di massa applicata aVeneziae alla sua nuovaalluvione, nuota ora nell’angoscia degli estremi: essere o non essere. È forse questo evento eccezionale, che ha portato suSan Marcoquasidue metri d’acqua, il segno di undisastroimminente, l’inabissamentodella città più “strana” della terra? I ghiacci si sciolgono, la pioggia insiste, il mare cresce, la terra va sotto, Veneziasparirà. Un bel volano romantico vortica nello sguardo globale che in queste ore si dedica alle immagini del piccolo disastro lagunare:acquaovunque, barche a spasso dove prima si camminava, merci a zonzo nei laghetti chiusi dalle vetrine delle botteghe, gente a bagno nell’acqua grigia… ma allora è vero, si pensa, che siamo aglisgoccioli, un bel senso di morte si diffonde nel web, di rispettosadisperazione. Poi, c’è ilMose, anche di questo interprete della scena si impara velocemente ciò che serve: è unagrande operaingegneristica dotata di paratoie mobili destinate a chiudersi di fronte alleacque alteeccezionali, il Mose “sono” grossi rubinetti, e si applicano alle bocche di porto che mettono in comunicazione la laguna e il mare Adriatico. Semplice, manon funziona. Ci lavorano da molti anni, hanno speso circasette miliardidi euro e son lì che fanno i conti con laruggineche si mangia i gomiti: che cos’è questa, se non l’immagine di uncollassogià avvenuto ai danni di un intero paese, di una intera economia, di una intera conoscenza? Lo è, purtroppo. E non per responsabilità di Venezia, della suagente, dei suoi rappresentanti che, anni fa, tentarono diresisterealla “cura” promossa e alimentata dallo Stato.Cacciarie la sua giunta dissero di no alla strategia che avrebbe portato al Mose ma ilgoverno, allora dicentrosinistra, tirò diritto, smentendo quella volontà e privando i veneziani del diritto di decidere sui propri destini. Si guardava invece con favore, in città, ad un interventosperimentale, non invasivo, alle bocche di porto, ma contestualmente ad una serie diopere minoritese a restituire alla laguna il suonaturale potere tamponanterispetto alle “acque alte”. Non si intrecciano forse ora in laguna tutti imali– tra insufficienze, mancanza di saggezza, arroganza – che stanno mettendo l’intero paese in grandissimedifficoltà, sia nel pubblico che nel privato? Il Mose è nelle mani delle più grandi e stimate aziende italiane del settore. Ma non funziona, nonostante l’arroganzadel processo che lo ha premiato in esclusiva rispetto alle opere di risanamento dell’ecosistema. Una scena, dal punto di vista teatrale, ciclopica perloquacitàeimbarazzo, sotto gli occhi di un pubblico sterminato, globale. E se può sembrare, a qualcuno, che la vicenda dell’inondazione fatale, del lento ma inesorabile inabissamento di Venezia sia governata dagli dei – ma neppure qui c’entrano granché – di certo nella storia del Mose non hanno alcun ruolo, in modo lampante, né dei né umanissimi eroi. Senza nulla togliere alla capacità della tecnologia italiana in materia di saper risolvere problemi impossibili. Ma così stanno le cose: tra unfeuilletonromantico e unthrilleremotivamente troppo impegnativo. Pessimo spettacolo. Italia Nostrae altri gruppi ambientalisti veneziani hanno messo a disposizione dell’opinione pubblica e dei soggetti interessati undossier, con dati, analisi, diagnosi. Sostengono che proprio i lavori di adeguamento delle bocche di porto per metterle nelle condizioni di reggere peso e dinamica del Mose avrebberoaggravatoin modo significativo le condizioni della laguna, favorendo correnti più veloci, e più velocemente corre l’acqua in laguna, tanto più certe sono le acque alte, tanto più frequenti quelle eccezionali, come quella che hadevastatopoche ore fa. Così, per “salvare” Venezia hanno fatto proprio ciò che non bisognerebbe fare approfondendo aperture e canali di navigazione. In queste ore, ladestrasta giocando l’ultima carta: a quanti, registrando con tristezza il danno prodotto dall’inondazione, lamentano l’inefficienza del Mose, rispondono dabisbetici suonatiche è troppo facile pretendere il funzionamento della Grande Macchina dopo averla bistrattata, combattuta. Ma si chiede solamente conto di una scelta strategica che a quanto pare è costata unafortunasenza neppure garantire ciò che sulla carta doveva garantire, anzi: se quei calcoli sono esatti, il Mose hapeggioratoil quadro. Ponendo nuovi ordini di problemi, finanziari intanto. Dovesse funzionare,chi pagheràil costo della manutenzione e dell’operatività di un dispositivo cosìimmenso, complesso e delicato?Molti milionidi euro ogni anno. LoStato, benissimo. Ma – altro ordine di problemi – non entreranno davvero mai in conflitto la municipalità e il nuovo grandissimo potere, quello che governa i rubinetti alle bocche di porto, soprattutto dopo che il Consorzio del Mose ha messo in ombra, per anni, l’autorità del Comune? Non sembra azzardato affermare che in laguna, su Venezia, si stanno misurando le culture di governo in gioco su scala almenonazionale. Nessunofermerà le acque alte, ma si potrà ridurnefrequenza, incisività e ampiezza. Questo è ciò che si può provare a fare, operando nel tessuto della laguna, senza dimenticare le bocche di porto. Ma di qualichancerealistiche dispone una alternativa simile se ilCanale dei Petrolicon le sue devastanti profondità, con la suarettilinearitàè ancora lì, piùprofondodi prima e nessuno lo toccherà. Mentre si risponde all’esigenza di togliere dal bacino di San Marco legrandi navipasseggeri con la richiesta di scavare un altro profondissimo canale alternativo sempre in laguna? Ma… impedisci alle grandi navi, passeggeri o petrolifere, di attraccare in laguna e hai ammazzato il porto, fonte diredditonotevole nonché – così con qualche ragione si obietta alla strategia che prevede di sollevare i fondali dei canali più profondi – hai tolto di mezzo la solaattività produttivache impedisce l’incoronamento dellamonocultura turisticaa Venezia. Non è facile, ma devi fare dellescelte. Possibilmente non quelle che ti hanno portato dove sei ora, perché nel caso sì che avrebbero ragione i sacerdoti dell’inabissamento e la cittàaffonderebbeper volontà di un dio che tuttavia pare proprio una romantica transazionefinanziaria. Intanto, mentre si contano i danni prodotti anche dai grandi canali navigabili e dalle navioversize, ilturismo di massacome acqua alta stanziale dilava muri e ponti e chiese della città e svuota case e palazzi, espellendo cittadini, artigiani, commercianti, pensionati. Ci sono molti modi permoriree questo governo comunale didestrapare votarne almeno due.