IMMIGRAZIONE: LO STUDIO CHE SMENTISCE I PORTI CHIUSI

L’argomentazione secondo cui le operazioni di ricerca e soccorso marittimo (SAR), specialmente quelle svolte dalle ONG, avrebbero agito comepull factor(ossia come un “fattore di attrazione”) della migrazione irregolare per via marittima è diventata da prima unmaster messagelanciato da un preciso schieramento politico, quindi un luogo comune durante a livello di opinione pubblica per gran parte della “crisi dei rifugiati” nel Mediterraneo. Questa affermazione, speso data per certa, è stata alla base delle forti critiche mosse contro le organizzazioni non governative umanitarie (ONG) che conducono SAR in Mediterraneo e al largo delle coste della Libia, generalmente considerate come fornitrici di “un incentivo per i trafficanti di esseri umani a organizzare le partenze”. E’ proprio al fine di verificare l’attendibilità scientifica della correlazione fra presenza di ONG e incremento del fenomeno migratorio , che due ricercatori italiani, Eugenio Cusumano e Matteo Villa, hanno svolto unostudioper laEuropean University Instituteche, ad oggi, risulta il primo studio sistemico a valenza scientifica sull’argomento. I due ricercatori, sulla base dei dati resi disponibili dai sistemi aperti e dalle fonti relative ai SAR resi disponibili (principalmente ma non esclusivamente) daFrontexe dalla Guardia Costiera italiana, hanno esaminato i flussi migratori mensili dalla Libia verso l’Italia tra il 2014 e l’ottobre 2019, cercando una correlazione fra il numero di migranti che lasciano le coste libiche la presenza di ONG in mare, concentrandosi sulle attività delle ONG tra il 2014 e l’Ottobre 2019 . Va precisato che gli stessi ricercatori ammettono che il numero di dati analizzati è comunque da considerarsi limitato e che lo studio del presunto effetto di attrazione delle attività di salvataggio delle ONG va considerato di natura esplorativa.Tuttavia, l’immagine che l’analisi posta in essere offre, pare smentire decisamente il postulato del presunto effetto attrattivo delle ONG sulle partenze di migranti dalle coste libiche. In particolare, nel 2015 il numero totale di partenze dalla Libia è risultato leggermente inferiore rispetto al 2014, pur trovandosi di fronte ad un aumento dei soccorsi svolti dalle ONG, passati dallo 0,8 al 13% del numero totale di persone soccorse in mare. Altro punto nodale evidenziato dalla ricerca è il luglio 2017, momento in cui il numero di migranti in partenza dalla Libia è precipitato verticalmente, anche se le ONG erano diventate di gran lunga il principale elemento operante SAR in area. Ciò farebbe supporre suggerisce che, più della presenza o meno di unità appartenenti alle ONG in teatro, sia stato l’accordo tra l’Italia e le milizie libiche raggiunto nel luglio 2017 ad avere un impatto significativo sulla riduzione delle partenze rispetto ai conseguenti tentativi di limitare le attività delle ONG. Complessivamente, al di la’ della evidenziata opportunità di procedere con ulteriori studi e con un maggior numero di dati, lo studio riesce comunque a giungere ad alcune conclusioni significative.In primo luogo, le affermazioni secondo cui le operazioni SAR non governative fungerebbero dapull factornon sono assolutamente supportate dalle evidenze disponibili. La politica derivante da tali affermazioni, oltre ad essere fortemente critica sotto il punto di vista del diritto internazionale, ha verosimilmente contribuito ad ingigantire indirettamente la mortalità in mare, senza con ciò ave contribuito in modo significativo a ridurre le partenze irregolari. In sostanza, l’affermazione “con i porti chiusi ci sono meno morti” è un falso documentabile. Si può, inoltre ricavare una deduzione secondaria derivante dalla prima: il ridimensionamento del dispositivo costituito da assetti militari italiani e delle nazioni EU non ha, con tutta probabilità, ridotto, di per sé, significativamente il numero delle partenze dalle coste libiche. Infine, stando ai dati analizzati, ciò che realmente ha inciso sulle partenze, dimostrandosi un vero e proprio elemento dissuasore sui flussi migratori in misura molto maggiore rispetto alle attività SAR che si svolgono in mare, sono state le misure di contenimento in atto nei paesi di transito e di partenza, come il coinvolgimento delle tribù libiche in Italia nella gestione dei flussi migratori. Tuttavia, queste politiche di esternalizzazione hanno mostrato differenti punti di forte criticità a causa della documentata sistematica violazione dei diritti umani subita dai migranti trattenuti in Libia.Il merito dello studio condotto da Eugenio Cusumano e Matteo Villa è quantomeno quello di sfatare alcuni falsi che, politicamente e mediaticamente, ingombravano il campo comunicativo sull’argomento flussi migratori. Il fenomeno, di tutta evidenza estremamente complesso, necessita di unagovernanceefficace, lecita ed eticamente sostenibile nel Mediterraneo centrale. I dati evidenziati dallo studio mostrano come, al di la’ degli aspetti legali ed etici che, talvolta si tende a voler non considerare, l’attività di contrasto feroce alle ONG non risulta nemmeno valida sotto il punto di vista dell’efficienza in ottica di ridimensionamento del fenomeno. Lo studio conclude spostando decisamente il focus delle attività necessarie, dal mare alla gestione del fenomeno sulla terra ferma, specialmente nei paesi di partenza e transito. La gestione degli aspetti legati all’immigrazione ed al controllo dei flussi, dovrebbe quindi combinare i tentativi di interrompere il traffico di esseri umani sulla terra con attività volte sia a contrastare ipull factordella migrazione sia a migliorare le condizioni di vita dei migranti e l’accesso alla protezione sul territorio libico.