QUANDO IL MAGISTRATO D’AMBROSIO PAGAVA DA SOLO LE TRASFERTE PER INDAGARE SU PIAZZA FONTANA

Anni fa ho avuto il privilegio immenso di conoscere Gerardo D’Ambrosio, una delle colonne portanti del pool di Mani Pulite. Ma io lo intervistai in occasione di un anniversario della strage di Piazza Fontana.Giovanissimo magistrato di turno quel 12 dicembre, fu il primo inquirente ad entrare nella Banca dell’Agricoltura. Mi raccontò che l’odore del depistaggio si sentiva fortissimo insieme a quelli dell’esplosione e della morte. Da subito.Fu costretto ad indagare di nascosto. Quando avvisava i suoi superiori della mossa che stava per compiere, sparivano tutte le tracce. Se faceva un passo avanti lo rimandavano indietro, addirittura attraverso escamotage procedurali in Parlamento o con qualche intervento della Cassazione. Si pagava le trasferte da solo per evitare che a Palazzo di Giustizia sapessero dove andava. E, di nascosto dalla moglie, stipulò un’assicurazione sulla vita. Era solo contro ogni apparato dello Stato, di tutti i poteri.Gli chiesi: “Mi scusi, lei sapeva che non sarebbe arrivato da nessuna parte eppure continuava, pienamente consapevole di essere a fortissimo rischio di attentato e pagando di tasca sua nel senso letterale del termine. Ma chi glielo faceva fare?”Fece un salto sulla poltrona con uno sguardo fra lo stupito e l’arrabbiato per questa domanda che considerava davvero sciocca.“Frequentavo la facoltà di Giurisprudenza mentre erano al lavoro i Costituenti. Sono cresciuto a pane e Costituzione.”“Bellissima questa cosa che ha detto – risposi – ma esiste ancora una coscienza del genere? L’avete tramandata a qualcuno?”Sorriso di commiserazione. “Una cosa è certa: quando ce ne siamo andati noi, voi siete finiti.”Previsione fatta prima dell’avvento di Salvini, quando Di Maio vendeva bibite, Renzi andava alla Ruota della Fortuna e Zingaretti era soltanto il fratello del commissario Montalbano.Siamo orfani proprio tanto.