DOV’È LO SCANDALO IN QUELLA CROCE?

DOV’È LO SCANDALO IN QUELLA CROCE?

Nell’approssimarsi del Natale, papa Francesco accoglie 33 rifugiati arrivati da Lesbo grazie ad un corridoio umanitario. Ci sono loro, accompagnati dal cardinale Konrad Krajewski e dalla Comunità di Sant’Egidio che hanno salutato il pontefice. Fra di loro ci sono 14 minori e una decina di fedeli cristiani. Sono una piccola parte di quel campo profughi a Lesbo, in Grecia, che ospita oltre 14 mila migranti. Sono fra i fortunati, avranno il cammino più semplice di tanti altri che hanno deciso di forzare la natura, di scavalcare le montagne, gli egoismi, oppure di attraversare il nostro mareLe loro esistenze come quelle di altre migliaia di profughi, sono legate a simboli potenti, come quelli di un giubbotto salvagente e della croce.Simboli che al nostro tempo fanno scandalo perché mettono di fronte alle coscienze quello che passati duemila anni ci ritroviamo ad essere ancora.Papa Francesco ci invita a tornare a riflettere su tutto ciò, ad approfittare del Natale per fare un bilancio al senso del nostro essere e rivedere, correggere, avere per una volta il coraggio di guardare al senso della vita.Ci esorta a guardare “con maggiore attenzione e a cercare sempre la verità”; ed è anche luminescente, “perché vuole rincuorare la nostra fede nella Risurrezione”.L’occasione dell’incontro serve a far conoscere al mondo quello che Francesco vuole diventi il simbolo di questo Natale, una croce e un giubbotto salvagente. Sono questi simboli di sofferenza, esposti in Vaticano nel Cortile del BelvedereÈ questo il simbolo al centro del discorso rivolto da Papa Francesco ai profughi giunti da Lesbo, con i corridoi umanitari. L’immagine dell’incontro rivela un giubbotto di salvataggio, consegnato da un gruppo di soccorritori, “è appartenuto ad un migrante scomparso” in mare lo scorso mese di luglio, poi quella croce, aggiunge il Papa, è trasparente ed esorta a guardare “con maggiore attenzione e a cercare sempre la verità”; ed è anche luminescente, “perché vuole rincuorare la nostra fede nella Risurrezione”.Ed ancora di fronte agli egoismi che sembrano governare i cuori degli uomini: “Come possiamo non ascoltare il grido disperato di tanti fratelli e sorelle che preferiscono affrontare un mare in tempesta piuttosto che morire lentamente nei campi di detenzione libici, luoghi di tortura e schiavitù ignobile. Come possiamo rimanere indifferenti di fronte agli abusi e alle violenze di cui sono vittime innocenti, lasciandoli alle mercé di trafficanti senza scrupoli. Come possiamo “passare oltre”, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano, facendoci così responsabili della loro morte. La nostra ignavia è peccato”.È l’ingiustizia che fa morire i profughi in mare.Il giubbotto e la croce, spiega il Pontefice, ci ricordano che dobbiamo tenere aperti gli occhi e il cuore. Non dobbiamo, non possiamo restare indifferenti davanti a morti causate dall’ingiustizia:“Già, perché è l’ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l’ingiustizia che li obbliga a attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l’ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare”.Poco sotto, ai piedi della croce, c’è un ennesimo riferimento non casuale, c’è il logo dell’organizzazione “Mediterranea”, la piattaforma italiana di salvataggio impegnata nei soccorsi nel Mar Mediterraneo. Le navi di questa ong sono ancora ferme bloccate dalle norme del decreto sicurezza, prima che ciò avvenisse la Chiesa volle che un giovane parroco salisse a bordo, don Mattia Ferrari, per portare un poco di speranza, un sorriso a questi nostri fratelli in cerca di umanità. Uno scandalo fu detto qualche mese fa.Ed il nuovo scandalo, non è certo quella croce così strana, sono le indifferenze, sono le porte chiuse di quel Natale di oltre duemila anni fa, chiuse come quelle di molti dei nostri cuori oggi.