IL GRANDE IMBROGLIO DI MANI PULITE E DELLA SECONDA REPUBBLICA
Ventanni dopo lamorte diBettino Craxie un po’ di più dall’esplosione diMani Pulitedovrebbero portare a riflessioni meno animose su quella stagione e su ciò che l’ha determinata, oltre che su ciò che è venuto dopo. Invece gli animi sono ancora accesi. Non deve sorprendere. È del tutto evidente che nella crisi dellaPrima repubblicac’è un precipitato di sentimenti, opposti, che tuttora sopravvivono. La Prima repubblica nacque dallaResistenzae dallaCostituzione. La Seconda e le successive nascono dall’operazione piazza pulita fatta dallamagistraturain seguito aTangentopoli. Riaprire quel capitolo significa mettere in discussione la legittimità di molti degli attuali governanti o aspiranti tali. Il “caso Craxi” ha tante buone ragioni per essere affrontato dallasinistracon maggiore freddezza e lungimiranza. Non può essere affrontato con oggettività invece da quelle forze che, a partire dal caso Craxi, hanno costruito una narrazione dell’Italiacome luogo di delitti senza pene in cui ha avuto il predominio unaclasse dirigentecorrotta che ha stravolto uno stato connivente con lacriminalità organizzata, anzi esso stessoStato-mafia. Non metto in discussione l’avversione verso Craxi o la critica severissima a lui e a tutto quel mondo che attorno a lui si raccoglieva. Non è la mia posizione politica né la mia lettura di quel periodo storico e dei suoi protagonisti. Né mi sorprende che, per li rami, poco alla volta questa critica abbia investito tutti i baluardi della Prima repubblica fino a distruggere di fronte a settori di opinione pubblica, soprattutto di giovani, ogni fiducia in uno Stato descritto come la vera organizzazione criminale. C’è stato un cambiamento culturale profondo basta leggere quel che dicePiercamillo Davigo suidiritti degli imputatie la storia di quella stagione cheAntonio Di Pietrocontinua a riscrivere a piacimento come nell’ultima intervista aL’Espresso. Credono ancora di essere i vincitori. Vorrei solo che si prendesse atto che c’è un mondo politico, intellettuale, giornalistico e soprattutto giudiziario che se vedesse messo in crisi questo romanzo criminale non troverebbe una sola ragione per esistere. Oggi noi siamo dentro un quadro politico che ha fatto diventare cultura corrente l’analfabetismo storico di massae un epocalecinismoin politica, mentre le malefatte non sono diminuite, le garanzie sociali sono enormemente indebolite, il Paese appare come un fuscello nello scacchiere internazionale. Questo accade perché a unaclasse dirigentesopraffatta dai magistrati è succeduta una classe dirigente cresciuta nella cultura inventata dal mondogiustizialista. Ecco perché per questi maestri di cerimonia della più brutta Italia politica del dopoguerra, nessun cedimento è possibile, nessuna discussione storica si può aprire, nessuna revisione di può abbozzare. La loro tesi è che chi oggi vuole discutere vuole solo rimettere in piedi quel mondo di ladri. L’impresa editorial-politica, che ha costruito immense fortune individuali, non può permettersi un solo cedimento, una sola riflessione storica. Siamo così precipitati in un modo di illibertà culturale per cui chiunque non si allinea allaverità giustizialistaè correo di chi si è forse macchiato di colpe, vere o presunte. Ci salverà da questa degradante deformazione del dibattito pubblico solo la vicina resa dei conti nelmondo sovranistae in quello giustizialista. Uno alla volta crolleranno. Adesso tocca aigrillini, poi sarà il turno diMatteo Salvini. È difficile che l’Italia, se non vuole morire, tolleri per troppo tempo che la sua storia sia raccontata e rappresentata da questo gruppo di imbroglioni. Però c’è una grande operazione culturale che va fatta e riguarda proprio la storia dell’Italia repubblicana che va rimessa in piedi. Gliex comunistipossono dare un gran contributo a questa operazione. La nostra storia, che è una grande storia, ha bisogno di essere rivisitata con laicità e larghezza di vedute. Non è più tempo di facili pentimenti o di raffazzonate autocritiche. Bisogna affrontare le radici di una storia di popolo. Siamo a un anno dal ’21. Un secolo fa nasceva ilPartito comunista italianoper seguire l’esempio diLenine per aiutare l’edificazione dellasocietà socialistainRussia. Oggi quel mondo non esiste più. Le ragioni di quella scissione non sono più proponibili. Però le ragioni di un impegno per cambiare la società ci sono ancora. Bisogna riunire la sinistra e i vecchi exPcipossono dare una mano ai più giovani ricostruendo la trama del passato, con spirito di verità, coraggio senza cedere alle culture populiste e sovraniste.
