GAZA: LA MARCIA DEL RITORNO. LA CONCLUSIONE E’ ANCORA LONTANA

E’ cominciata in maniera tragica venerdì di rabbia di ieri 29 marzo, il primo di una serie che si dovrebbe concludere il 15 maggio, quando Israele festeggerà i suoi primi 70 anni di indipendenza. Il bilancio definitivo parla di 16 vittime, di queste almeno 5 uomini di Hamas così come è stato riconosciuto dalla stessa organizzazione. Se da un lato le manifestazioni erano previste e le forze di sicurezza israeliane si erano adeguatamente preparate, dall’altro la partecipazione e l’intensità degli scontri ha sorpreso la maggior parte dei commentatori. La sensazione era che Hamas avrebbe iniziato le iniziative che vanno sotto il nome della “marcia del ritorno” in maniera pacifica e non violenta per guadagnarsi un appoggio internazionale ormai in declino. In ogni caso gli israeliani considerano un successo il termine di questa prima tornata di scontri per i seguenti motivi: il numero dei partecipanti si è rivelato di molto inferiore alle previsione degli organizzatori, la barriera difensiva non è stata sfondata e il numero di chi ha tentato di farlo era infinitamente esiguo rispetto ai trentamila partecipanti alle dimostrazioni svoltesi lungo tutta la striscia di Gaza. Anche Abu Mazen non si è fatto impressionare più di tanto, nonostante abbia indetto una giornata di lutto per il momento non ha dimostrato alcuna volontà di aprire un secondo fronte, anzi, il Rais palestinese continua a bloccare i 50 milioni di dollari destinati agli stipendi dei dipendenti della burocrazia palestinese presenti a Gaza. Ma questo è un gioco molto pericoloso che portò in definitiva allo scoppio dell’operazione “Margine Protettivo” del 2014. Questa prima tornata è stata caraterizzata, per quanto possa sembrare assurdo, da una serie di scaramucce, come se due pugili all’inizio di un’incontro cerchino di tastare il terreno per capire le intenzioni e le possibilità dell’avversario. La prova è che Hamas non abbia lanciato i suoi razzi verso Israele così come l’IDF non abbia bombardato sensibili obiettivi militari situati in profondità. Per il momento parrebbe che nessuno abbia intenzione di trasformare “La grande marcia del ritorno” in una altro sanguinoso conflitto.Festeggiata in maniera alquanto discutibile “la giornata della terra” il prossimo appuntamento è fissato per il 17 aprile, “la giornata del detenuto palestinese”, argomento molto sensibile all’interno di tutta la popolazione, visto che praticamente in ogni famiglia allargata non ci sia un parente vicino o lontano che non sia passato per le carceri israeliane.Il problema di Hamas è quello di sfruttare al massimo le condizioni attuali e riproporre sulla ribalta internazionale il problema palestinese. Ma la questione non sarà così semplice visto che già oggi le notizie provenienti da Gaza non sono più all’ordine del giorno dei principali quotidiani internazionali. Questo è il più grande dilemma di Hanyeh e compagni: fino a quando tirare la corda senza impegnarsi in un conflitto armato del quale si sa dove si comincia ma non si può prevedere la sua conclusione. Von Clausewitz docet.