UN APOLOGO MODERNO
Mi sembra di vedere uno di quei motociclisti che corrono in mezzo al traffico a velocità assurda come se le vite, la sua e quelle degli altri, non valessero assolutamente nulla. Tutto ciò che conta è quella sensazione di potenza che il motore supercompresso trasmette e vedere il resto del mondo scomparire alle spalle.Poi arriva la buca imprevista, era sempre stata lì come altre cento buche, e il meraviglioso proiettile colorato si trasforma in un goffo ammasso di ferraglia che termina la sua corsa in un prato.Il motociclista si rialza e si accorge di essersi rotto soltanto la mano sinistra, quella non indispensabile che comanda la frizione, e che la moto seppur scorticata funziona ancora e cosa fa il mentecatto? Rimonta in moto e si mette a correre esattamente come prima. Morale della storiella: La caduta non ha fatto abbastanza danni.Una conclusione quasi blasfema e sacrilega se pensiamo alla moto come al nostro stile di vita, al motociclista come ai potenti che dirigono il mondo, alla buca come al Covid19, alla mano rotta come alle migliaia di morti e alla ripresa della folle corsa come a ciò che potrebbe di nuovo accadere. Forse la caduta catastrofica si sta arrestando e forse i danni non saranno irreparabili, ma già i sacerdoti del PIL stanno intonando le loro litanìe affinchè tutto torni esattamente come prima. Il PIL, capite? Un cazzo di numero che raccoglie tutti insieme milionari e senzatetto, sani e malati, buoni e cattivi. Quello che Robert Kennedy, non certo un comunista o un hippie, aveva descritto così: «Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta».
