È PASQUA, IL PAESE NON È SICURO
Arriva la Pasqua, la settimana della Passione e scopriamo di non esser più un Paese sicuro.Il pungolamento delle opposizioni di destra hanno sfondato almeno su questo punto ed il governo ha ceduto, a quanto pare senza colpo ferire.Sembra un secolo quando questo destino non si voleva accomunarlo alla Libia ed oggi eccoci diventati tutti noi. E quale occasione poteva esser migliore se non quella di tornare a rifarsela con i migranti che arrivano sui barconi? Ecco che grazie all’emergenza Coronavirus, si scopre che i porti italiani “non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di ‘Place of safety’ (‘luogo sicuro’) in virtù di quanto previsto dalla convenzione di Amburgo sul salvataggio marittimo” per i soccorsi effettuati da navi con bandiera straniera al di fuori dell’area SAR Italiana.Ad imporcelo a noi, alle nostre coscienze un decreto firmato da ben quattro ministri – quello dei Trasporti, degli Esteri, degl’Interni ed anche quello Salute.Il documento fatto legge mira ad evitare l’arrivo di navi di soccorso straniere con i migranti per “l’intero periodo dell’emergenza”.A controbattere la società civile, le stesse ONG che pure nella consapevolezza del momento chiedono che non vengano messe in atto misure disumane.Una posizione che uno stesso componente della maggioranza fa sua, il deputato di LeU Erasmo Palazzotto, componente della commissione Esteri di Montecitorio, ha voluto esperimento la rabbia, il rammarico: “Il decreto che chiude i porti italiani alle navi umanitarie dichiarandoli non sicuri è un errore politico dettato più dalla paura della propaganda della destra che dalla razionalità necessaria in momenti come questi. Dev’essere ritirato immediatamente e sostituito da un protocollo sanitario che preveda, per chiunque approdi nei nostri porti, un periodo di quarantena obbligatorio da trascorrere in strutture sulla terra ferma o a bordo di assetti navali idonei che possano garantire la sicurezza di tutti” Noi abbiamo la Pandemia, certo, il dramma è negli occhi, nei cuori di ognuno di noi, ma la forza di una civiltà, anche nella peggiore crisi, non vuol dire abbandonare il lume rappresentato dai più elementari diritti umani. Basterebbero alcune accortezze, qualche norma nuova di prudenza ed invece cadendo nelle trappole dei sovranisti eccoci diventati un luogo come la Libia. Un Paese con il quale non abbiamo proprie niente a che fare in termini di diritti, in termini di valori
