FRA LA VITA E LA MORTE DA VIRUS, I CARTELLI MESSICANI SCELGONO L’AMERICA (E IL CRIMINE)

Il grande crimine al tempo del coronavirus. In Salvador e in altri paesi della regione c’è stata una diminuzione netta degli omicidi, questo perché sono in vigore la quarantena così come le misure di distanza sociale. Per i sicari è complicato avvicinare i bersagli, organizzare agguati, muoversi. In alcune regioni le gang si sono persino mosse per far rispettare i divieti. Un quadro positivo con un’eccezione importante: il Messico. Nel solo mese di marzo sono state registrate oltre 2.500 vittime, uno dei mesi più violenti. I cartelli ignorano i divieti, fanno ciò che vogliono, sono loro a dettare le condizioni di vita e di morte. Inoltre essendo i più vicini al mercato principale della droga — quello Usa — hanno tutto l’interesse a spingere i loro affari. Il risultato è violenza continua, faide, assalti. Un recente rapporto del Centro Mexicano de Derecho Ambiental si è concentrato sugli ecologisti e attivisti caduti sotto il fuoco. Dal 2012 sono stati 86 i martiri della difesa dell’ambiente. Persone coraggiose che si battevano per proteggere boschi, aree naturali, riserve minacciate da trafficanti e progetti minerari.