COVID: ARGENTINA IN CONTROTENDENZA, LIMITA I CONTAGI E GESTISCE LA PANDEMIA

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE A BUENOS AIRES Adesso tutti invocano il ruolo dello stato. Applaudono a sussidi, rateizzazione senza interessi dei pagamenti delle carte di credito, spesa in deficit, stampa di moneta. D’improvviso, in Argentina tutti si scoprono keynesiani, o qualsiasi altra parola che non sia “peronisti”.Il consenso intorno al presidente Alberto Fernández è altissimo. In generale non si vedeva dai tempi Nestor Kirchner un simile revival di fiducia nello stato. Ieri sera, con una conferenza stampa trasmessa in diretta, Alberto ha spiegato i risultati del primo mese di quarantena. E lo ha fatto a modo suo, nello stile di un professore dell’università pubblica – è docente di Diritto penale alla Uba (Universidad de Buenos Aires) – con tanto di power point sui dati del contagio, usando persino espressioni come “fare un ripasso” (qui il video della conferenza stampa:https://www.youtube.com/watch?v=X-IhQ4-PD8o). È la rivincita personale di uno che, alla vigilia delle elezioni, veniva descritto dalla stampa europea come un pericoloso populista.Stanca ma non teso, il presidente ha vinto la scommessa: decretare il lockdown precocemente, al 128esimo caso diagnosticato, malgrado l’opposizione delle associazioni degli industriali. Dopo tre settimane di quarantena, iniziata il 20 marzo, il tempo di duplicazione dei casi è salito da 3,3 a 10,3 giorni.Se le proiezioni del 4 marzo, al primo caso diagnosticato, parlavano di 40mila positivi alla data attuale, oggi i contagiati sono 1975, 44 per milione di abitanti (in Spagna sono 350 per milione di abitanti). Anche supponendo che i positivi asintomatici siano molto più numerosi, si tratterebbe di numeri ben al di sotto di quelli di Spagna, Italia, Stati Uniti e degli altri paesi sudamericani, in particolare Ecuador, il cui sistema sanitario è al collasso, Cile (che in sei giorni è passato da 4200 a 6500 casi) e Brasile (che a un mese dal primo contagio era oltre quota 9000 e attualmente ha superato i 19mila), ostaggio di un presidente che deride chi si preoccupa per “un’influenzina” (www.alganews.it/2020/04/09/brasile-bolsonaro-contro-tutti-sul-lockdown-per-covid/).Con un autunno per ora ancora caldo (che tuttavia è negativo per l’altra epidemia in corso nel paese, il dengue, trasmesso dalle zanzare), l’Argentina spera di appiattire la curva fino al picco, atteso per ora a maggio. L’obiettivo è evitare il collasso del sistema sanitario che si è visto in altri paesi, compresi quelli europei. Al momento l’occupazione dei letti delle terapie intensive al 3,9 per cento per i soli ammalati di Covid, 50 per cento considerando anche le altre malattie (contro l’80 per cento previsto senza misure di contenimento), segno che anche il piano di emergenza degli ospedali sta funzionando (www.alganews.it/2020/03/24/argentina-in-lockout-ricorda-il-golpe-e-prepara-il-piano-contro-il-virus/).La quarantena è stata estesa fino al 26 aprile, con un allentamento delle restrizioni alle attività produttive. Dopodiché si valuterà un piano di riapertura, dove le scuole e le università di Buenos Aires saranno le ultime a essere riattivate: far muovere sui mezzi pubblici una popolazione studentesca di una capitale che, con l’hinterland, conta 13 milioni di abitanti richiede condizioni di sicurezza. I centri commerciali chiedono la riapertura dei negozi, pur evitando gli assembramenti e in condizioni di sicurezza per i dipendenti, ma il governo ha risposto di aspettare fino alla fine di aprile.Malgrado i toni sereni del presidente, restano i problemi precedenti allo scoppio dell’epidemia, legati soprattutto all’economia, al debito estero e al rapporto con il Fmi, che tuttavia ha rimandato il pagamento al 2021. I settori più colpiti dalle misure di restrizione sono i lavoratori informali e autonomi, malgrado i sussidi compensatori predisposti dal governo e già versati a nei primi giorni di aprile. In più, restano fuori dai sussidi i salariati con reddito comunque basso, che già non riescono più a pagare le fatture di luce e gas e vivono nel terrore di vedersi tagliare il servizio in un momento così difficile.Altro settore in crisi è la cultura, il vanto di Buenos Aires. Librerie, teatri e cinema chiusi, milongas sospese chissà per quanti mesi ancora, stanno riducendo alla fame artisti e lavoratori dello spettacolo. Il Teatro Nacional Cervantes di Buenos Aires, di proprietà dello stato, mette a disposizione sulla propria piattaforma, gratuitamente, opere passate, ma paga gli attori per ogni replica. Altri teatri indipendenti hanno attuato un sistema di “gorra digital”: versamenti volontari per chi vuole assistere agli spettacoli. Secondo Mauricio Kartun, il maggiore drammaturgo argentino vivente, tutto questo non si trasformerà in un nuovo modo di fruire il teatro; si tratta solo di un palliativo temporaneo per accompagnare il pubblico confinato in casa e sostenere in qualche modo i lavoratori della cultura. Con l’obiettivo di tornare in sala quando sarà possibile, a costo – dice – di riaprire d’estate, quando normalmente la stagione è finita.“I giornali del giorno dopo” hanno dimostrato che i paesi che hanno scelto di privilegiare l’economia (Italia, anzi Lombardia, in testa, ma anche Regno Unito e Usa) hanno dovuto fare marcia indietro nel giro di pochi giorni, davanti alla curva dei contagi che hanno mandato al collasso i rispettivi sistemi sanitari. Segno che la dicotomia tra salute pubblica ed economia è un falso dilemma e che l’una dipende dall’altra. Forse, tra qualche mese, la frase “farete la fine dell’Argentina” non sarà più una minaccia o un insulto.