CORONAVIRUS, QUEL COMMA DEL DECRETO CHE APRE UNA VORAGINE NELL’OBBLIGO DI CHIUSURA
Quando muore la gente, la soddisfazione dell’«avere avuto ragione» suona totalmente da stronzi autocentrati. In generale, alla mia età è poi cosa ridicola in sé. E quindi io questo post ho quasi imbarazzo a scriverlo. Bastava leggerlo il decreto che chiudeva le aziende per capire che dentro c’era il comma del diavolo, quello che lo avrebbe depotenziato troppo. Questo mio articolo del 23 marzo ha ricevuto quel giorno critiche feroci e sberleffi. Oggi invece lo dice anche Zaia sul Corriere: «Qui il 60 per cento delle aziende è aperto grazie al silenzio assenso». E il resto dei politici si interroga sulla “stranezza” del caso lombardo, dove grazie alla formula del silenzio assenso in queste ultime tre settimane hanno continuato a circolare più di due milioni di lavoratori. E no, non era una “richiesta di autorizzazione” come dicevano in quei giorni tv e giornali, né una autocertificazione, era ed è una banale che ha vigore tramite il silenzio-assenso. Con tutte le sue conseguenze in termini di mezzi pubblici etc. Non mi frega davvero nulla di aver avuto ragione, non cambierà un millimetro della mia Pasqua in quarantena, mé della mia fatica quotidiana in solitudine come tanti di voi, né di altro. Semmai un po’ mi fa aumentare la rabbia, la rabbia verso chi quel comma con ogni pressione ha ottenuto, e per chi tre settimane fa lo ha accettato. Ma è rabbia retrodatata, quasi postuma, che non serve più a niente.
