IL CORAGGIO DI DENUNCIARE. IL PREZZO DA PAGARE
Diciotto operatori del Palazzolo-Don Gnocchi avevano denunciato di essersi ammalati perchè senza tute protettive e mascherine. Per tutta risposta la Fondazione ha mandato una “lettera di non gradimento” alla cooperativa che gestisce la Rsa, che a sua volta ha sospeso dal lavoro i 18 dipendenti che avevano trovato il coraggio di denunciare *****Chiedono «l’urgente costituzione di un tavolo di lavoro» con la Regione e la protezione civile. Perché se il disastro in alcuni casi è già compiuto, tutte le associazioni che riuniscono i gestori delle residenze per anziani e delle case di riposo stanno cercando di capire come andare avanti e contenere la deriva in corso. Lo fanno con un durissimo documento in cui spiegano che le Rsa «hanno dovuto procedere in pressoché totale assenza di un reale piano pandemico, e in pressoché totale autogestione, nonostante ripetute sollecitazioni a ricevere maggiore chiarezza». Confusione sui tamponi, su come averli, su come e quando farli, tanto che alcune residenze stanno pagando e facendo quegli esami a proprie spese. Altro punto critico è l’invio in pronto soccorso degli anziani in condizioni più critiche: in sintesi, se le Rsa non devono mandare anziani in ospedale, sostengono, poi non si può loro addebitare responsabilità sui decessi. Altri elementi: la mancanza di protezioni, ma soprattutto una enorme carenza di personale, ormai dimezzato, «complessivamente, si tratta di 25-30 mila operatori oggi assenti nella sola rete per anziani e persone con disabilità. La tendenza è verso un ulteriore peggioramento, date le restrizioni all’impegno lavorativo dei casi sospetti e anche le difficoltà a far rientrare operatori in malattia o quarantena. Ciò implica che, al di là delle esigenze collegate al Coronavirus, la qualità e quantità di assistenza che può essere garantita ai residenti è ormai critica». Se questa è la denuncia delle associazioni, agli operatori che hanno chiesto chiarezza gli istituti (lo ha già fatto la Rsa comunale «Virgilio Ferrari») hanno risposto con provvedimenti e contestazioni disciplinari. Ai 18 lavoratori che hanno denunciato per diffusione colposa di epidemia e altri reati l’Istituto «Palazzolo Don Gnocchi», la cooperativa «Ampast», anche nel tentativo di preservare la propria commessa presso la Fondazione, ha inviato una contestazione disciplinare. Dalla Don Gnocchi spiegano: «Il 17 aprile abbiamo legittimamente esercitato il nostro diritto contrattuale di non gradimento ritenendo la presenza di quei lavoratori nella struttura incompatibile e inopportuna dopo che gli stessi a mezzo stampa avevano espresso giudizi gravi e calunniosi, tali da ledere il rapporto fiduciario con la Fondazione». Il responsabile della cooperativa Nidiaye Papa Waly (peraltro indagato dalla Procura) non è al momento reperibile, ma nella lettera si legge che l’accusa ai diciotto è di avere «leso l’immagine della cooperativa», oltre che della fondazione. Commenta l’avvocato Romolo Reboa, che assiste i lavoratori insieme alla giuslavorista Roberta Verginelli: «Si tratta di un provvedimento palesemente illegittimo e ritorsivo. Nel caso la cooperativa erogasse sanzioni disciplinari, queste ultime sarebbero immediatamente impugnate avanti al Tribunale del Lavoro».
