QUANDO UN PERNACCHIO PUO’ FARE UNA RIVOLUZIONE
Quanto chiasso intorno alle farneticazioni di Vittorio Feltri, direttore del quotidiano Libero, troppo chiasso, troppa visibilità che mette il direttore, senza reali meriti, sotto i riflettori. E questo argomento, ormai trito e ritrito è diventato talmente ripetitivo, la discriminazione territoriale per usare un termine calcistico, che comincia a stufare perdendo di significato, di efficacia. Nel secolo scorso qualcuno diceva: “una menzogna ripetuta centro volte diventa poi una verità”, frase attribuita erroneamente al ministro della propaganda nazista Goebbels, l’ha detta di certo ma pare sia di ignoti. Frase che poteva funzionare allora, oggi è di difficile attuazione, i mezzi a disposizione per smentire sono innumerevoli. Perciò amici meridionali, napoletani, non vi affaticate ad enunciare tutte le bellezze del sud, di Napoli, le donne e gli uomini che l’hanno magnificato, Feltri certe cose le sa bene, le dimentica poi subito dopo cena e si può immaginarne il perché. La cosa migliore da fare è un grande, rumoroso pernacchio che Giuseppe Marotta affidò a Eduardo ne l’Oro di Napoli e che Eduardo eseguì magistralmente per punire l’arroganza del potente di turno,“con un pernacchio così si può fare una rivoluzione”diceva Eduardo spiegando agli astanti come eseguirlo. Se poi c’è un aspetto legale, il razzismo è punito dalla nostra Costituzione e dal Codice Penale, ci sarà chi ci penserà a mettere costui davanti alle sue responsabilità e pare che qualcuno ci stia pensando. In tutto questo, e a favore delle “vittime” delle elucubrazioni di costui c’è da chiarire che Feltri, così come Sallusti, Giordano e simili, non rappresentano che loro stessi e non certo il nord che è ben altra cosa, ben altra gente che si sarà anche scocciata di essere tirata in ballo continuamente da personaggi simili che per motivi di cassa, ma anche politici, propongono sempre la stessa “canzone”. Piuttosto c’è da pensare agli editori, a chi dà loro la voce e chiedere loro se veramente conviene sprecare i contributi che lo Stato eroga loro per tenere su un “teatrino” simile con personaggi che credono di fare informazione ma che in effetti rendono agli stessi editori un cattivo servizio, e questo vale anche per il giornalismo televisivo in caduta libera nell’audience, proprio grazie a personaggi simili. Ed anche la parte politica che Feltri e gli altri citati rappresentano non vive un momento felice, i sondaggi parlano di cali evidenti di gradimento, altro segnale che dice quanto non siano più efficaci questi signori. Tutto questo crea quindi disinteresse, distacco verso questo tipo di informazione e questo distacco è forse quanto questi si dovranno aspettare finita l’emergenza Un’emergenza che loro chiamano guerra, e proprio come nell’immediato dopoguerra la gente duramente provata dai lutti, dalle privazioni, dalle limitazioni obbligate per contenere la pandemia chiederà pace, solidarietà, unità e per l’odio, quindi per tutti quelli che lo strumentalizzano, non ci sarà spazio.
