STORIE SPARSE DAL LIBANO SULL’ORLO DEL BARATRO

STORIE SPARSE DAL LIBANO SULL’ORLO DEL BARATRO

Qualche storiella sparsa dal Libano sull’orlo del baratro In Libano non accenna ad arrestarsi la crisi economica, ormai ben più ingombrante di quella sanitariache tutto sommato si può dire contenuta (ieri però il primo caso di Covid19 in un campo profughi palestinese). Stamattina i cambia valute compravano un dollaro a 3350 lire libanesi: una cifra fuori dal mondo, visto che il cambio ufficiale sarebbe ancora 1510 lire per un dollaro. Con almeno il 30% della popolazione sotto la soglia di povertà relativa, questo livello di inflazione (prevista al 40% entro fine anno) rischia di essere un problema enorme, tanta gente deve sostenere spese in dollari ma gli stipendi in lire sono rimasti ancorati al cambio ufficiale, a differenza dei prezzi dei beni, anche di prima necessità. Molti gli episodi edificanti, di solidarietà durante questo periodo di lockdown ma anche diversa gente che sta lucrando sulla crisi, in un paese diviso per comunità ma paradossalmente individualista. In un paese in cui l’assenza dello Stato favorisce uno dei problemi principali, il clientelismo confessionale, ma allo stesso tempo finisce – in tempi di emergenza totale – per far emergere con più evidenza proprio gli sforzi (con l’inevitabile dimensione fidelizzante) delle diverse municipalità controllate da queste forze settarie. – la municipalità settentrionale di Tannourine – cittadina montana famosa per la riserva dei cedri, l’acqua omonima e per aver dato i natali a Shakira, la cui nonna vive ancora lì – sta fornendo gratuitamente ai residenti dei test anti-Covid19. – squadre di volontari sono attive ad Arsal, villaggio della Beqaa orientale, al confine con la Siria, dove due anni fa è andata in scena l’ultima battaglia per scacciare alcuni battaglioni di Al Nusra, dopo la quale si è ripiombati nell’abbandono più totale. Questo team di volontari supportati da una ong belga daranno assistenza a circa 700 famiglie. – L’esercito libanese sta distribuendo aiuti alimentari in alcune aree di Beirut e di Tripoli e lo stesso stanno facendo i partiti, nella menzionata logica fidelizzante: proprio ieri una mia amica mi ha detto che il partito cristiano delle Forze Libanesi, che lei ha votato alle ultime elezioni, l’ha contattata per dirle che è pronto per lei un pacco con una serie di beni alimentari, e che la qualità dei loro pacchetti di aiuti “è la migliore in Libano”. – nel grande e popoloso sobborgo a sud di Beirut – Dahye – composto da quattro municipalità, tutte con sindaci eletti tra le fila di Hezbollah (parliamo di area a grande maggioranza sciita), alle ambulanze degli ospedali di Beirut si aggiungono quelle dell’Islamic Health Unit, con l’ospedale Rasoul Azzam estremamente attivo in queste settimane (qui era stata ricoverata la paziente 1, appena tornata da un pellegrinaggio in Iran). – A Ghobeiry, la più grande ed eterogenea di queste quattro municipalità – qui sorgono i campi di Sabra e Chatila, così come i palazzi costruiti dopo i bombardamenti israeliani del 2006 per la nuova classe “media” locale – il presidente della Giunta municipale Maan Khalil ha deciso ieri di mandare la polizia a comprare tutto il pane disponibile nei forni locali per trasportarlo con le stesse volanti e rivenderlo a prezzi calmierati agli alimentari e supermercati locali: da qualche giorno i panifici di Ghobeiry avevano infatti iniziato a vendere il pane direttamente dai forni e a prezzi gonfiati (nonostante tre circolari municipali mettessero in guardia dell’alzare i prezzi), impedendo di fatto alla distribuzione di rifornirsi e rifornire i cittadini. La stessa municipalità in aggiunta agli aiuti del governo attesi ha comprato cinque tonnellate di patate da distribuire nelle abitazioni in vista del Ramadan (e degli iftar verosimilmente casalinghi) – l’altro ieri sera il ministero della cultura ha illuminato la facciata del Museo Nazionale – in gran parte restaurato col sostegno della Cooperazione italiana – con i colori della bandiera italiana – il parlamento, nonostante l’opposizione di Hezbollah, ha legalizzato l’erba a scopi medici – un ristorante di Beirut qualche giorno fa ha ricevuto un ordine dagli infermieri dell’ospedale Rafiq Hariri (uno dei pochi pubblici) e si è rifiutata di farsi pagare il conto. Sullo scontrino hanno scritto “è il minimo che possiamo fare per chi protegge la Nazione” – su tanti balconi a Beirut si vedono dei cartelli con dei numeri di telefono scritti sopra. Sono i numeri delle associazioni – come Abaad – che combattono la violenza domestica, in forte aumento durante questa quarantena