LA FASE II
A me, personalmente, la frase 2 preoccupa parecchio. In fondo la fase uno era piuttosto facile, c’era una sola cosa da fare, stare a casa e, diciamocelo, non è andata così liscia. Nella mia micro-esperienza mi è capitato due volte di far ripartire una nave da zero, e ancora oggi se ci ripenso mi vengono gli incubi per tutti gli infiniti cavoli amari che ci abbiamo dovuto affrontare in quelle circostanze, fra burocrazie di ogni tipo, acquisti sul mercato elettronico, problemi logistici e legati alle esigenze del personale. Non vorrei essere al posto di chi deve guidare la riapertura di un Paese, nemmeno se in cambio mi nominassero Papa. E non stiamo parlando di un Paese normale, parliamo dell’Italia, il che complica ulteriormente le cose. Dovremo fare affidamento sul buonsenso delle persone, scelta di per se difficilmente pagante, in un equilibrio instabile fra salute pubblica (che in questo caso significa vita o morte di centinaia o migliaia di persone), economia, privacy. In tutto ciò, la cosa dovrà funzionare facendo lo slalom, come il Tomba dei tempi migliori, fra gente che ancora non crede nemmeno che il virus esista, altri che danno fuoco alle antenne 5G (magari sbagliando e bruciando quelle che danno la rete internet a casa loro), persone che vorrebbero aprire tutto, salvo poi ovviamente accusare di incompetenza chi decide quando dovremo chiudere tutto di nuovo, ciascuno con la propria esigenza non abbastanza valorizzata di cui lamentarsi e con interesse pare a zero per quelle altrui. E’ tutto un proliferare di “la Francia riapre le scuole prima di noi”, “la Spagna riapre questo” o “l’Inghilterra riapre quello”, in un gioco speculare ai momenti della chiusura, come se nulla mai cambiasse: all’epoca, quando si parlava di chiudere tutto, allo stesso modo si invocavano Francia, Spagna, UK con l’immunità di gregge, come esempi migliori del nostro da invidiare, salvo poi vederli tutti convergere sulla chiusura e contare i nostri stessi moti, purtroppo per loro. Dobbiamo essere consapevoli di una cosa: si riapre, piano, non perché il pericolo sia passato,perché il virus sia sparito, perché non ci sia più rischio di perdere nostri cari senza poterli nemmeno salutare. Si riapre perché non ci possiamo più permettere di non farlo, un po per paura, un po per fame, un po per pressioni. Non so se il metodo proposto sia quello giusto, no ne ho idea (e sfido chiunque ad avercela realmente). Intanto però leggo una marea di gente vogliosa di uscire, ma pronta a reazioni sdegnose quando gli si chiede di scaricare una applicazione che dovrebbe servire a circoscrivere nuovi focolai di contagio. Vedo forze politiche pronte a cavalcare ogni possibile polemica, pur di ricavarne visibilità, aizzando follower pieni di rabbia e mi chiedo dove sia quel senso di responsabilità di cui avremo un gran bisogno. Una volta si diceva volere la botte piena, la moglie ubriaca e l’uva nella vigna,solo che qui c’è anche chi brucia la vigna e chi crede che l’uva sia un’invenzione per controllare le menti tramite l’utilizzo di qualche chip.#chediocelamandibuonaisthenewtuttoandrabene
