CORONAVIRUS. FRANCIA E GERMANIA RIPARTONO COL FRENO TIRATO. L’ITALIA TENTENNA
Cornavirus fase 2. Dilemmi atroci non solo per l’Italia. Abbiamo appena saputo che la frenata del governo sulla fase due, condita da alcuni passaggi non proprio convincenti, non erano dovuti a una crisi di panico immotivata. E’ stata invece una relazione del Comitato tecnico scientifico che ha prefigurato possibili scenari apocalittici nel caso di aperture indiscriminate, come nel settore bar/ristorazione. Ma anche in relazione alla eventuale riapertura delle scuole. Era scritto che si poteva prevedere una ricaduta dell’ordine di oltre 400mila terapie intensive, da rendere impotenti sistemi sanitari dieci volte più solidi del nostro. Da riparti-Italia a frena-Italia il passo è stato breve. Ma questa volta non abbiamo di che lamentarci più di quel tanto dei nostri governanti. Quanto meno non ha senso invocare come esempio le buone pratiche di qualche vicino. Al contrario si può dire che la nostra frenatina rispecchia gli scenari di marcia indietro di nazioni solitamente ritenute meno ondivaghe del Bel Paese. Soprattutto colpisce il fatto che in Francia e in Germania si fossero dati per scontati passi in avanti, poi ridimensionati. Da quelle parti, infatti, raramente si osservano le oscillazioni che siamo soliti vedere a casa nostra. Se da noi la domenica si dice che potremo liberamente scorazzare all’interno di ogni regione, non ci meravigliamo più di tanto se al lunedì viene precisato che ciò può avvenire solo con l’obiettivo di visitare i nostri non meglio definiti “affetti stabili”. Ma se a Parigi o a Berlino si dice che il giorno X le scuole riaprono così ha da essere e nessuno mette in previsione un cambiamento di rotta. E invece, tra ieri e oggi, ciò è accaduto. Un ripensamento in Francia come in Germania. Tra i transalpini si parla di una riapertura a singhiozzo, o per meglio dire “a condizione che”. Tra i teutonici si accenna a una ripresa a passo ridotto e per gruppi limitati. Pronti entrambi a frenare o addirittura a innestare la marcia indietro. In Francia, qualora il numero dei contagiati oltrepassasse i 3mila al giorno, evento peraltro già verificatosi in epoca recente. In Germania con riferimento all’ulteriore innalzarsi, già iniziato, di un indice complesso come il tasso di contagio. In entrambi i casi è la ripresa delle attività scolastica nel mirino. E qui possiamo pure complimentarci con noi stessi che, preveggenti, lasciando uno spiraglio solo per gli esami di maturità, ci eravamo già dati l’arrivederci a settembre.I In Francia invece l’11 maggio, come data per un primo ma significativo decollo, era stato anticipato in termini tali che una vera inversione di rotta non era possibile. Si comincerà dunque, ma a discrezione delle singole realtà e con qualche chance in più per quei dipartimenti ad occidente del paese dove finora il virus non ha colpito duro. A giugno poi, ma non certo prima, l’apertura dovrebbe essere completata. O forse no. Ma certo l’immagine di un paese che tira dritto per dritto e sicuro di sé risulta decisamente diluita. Una volta giunti alla quota di 3mila contagi al giorno qualche allarme è scattato. Peraltro, quando l’Italia aveva raggiunto e superato la quota dei contagi complessivi della Francia di oggi (150/160mila) aveva anch’essa registrato un aumento giornaliero di contagi intorno e oltre i 3mila casi. Era una quindicina di giorni fa e ad essere onesti noi, prima di definire i termini di una prossima fase due, ci eravamo andati più cauti (soprattutto al capitolo scuola). Avevamo cioè atteso un calo ulteriore. Quello di giorni più recenti, intorno ai 2mila casi, che non è bastato però a tranquillizzare il nostro Comitato tecnico scientifico. Ma almeno, quanto a prudenza, ce la siamo cavati un po’ meglio dei colleghi. D’altronde, stando ai dati forniti quotidianamente dal sito della Johns Hopkins, anche a Parigi qualche dubbio preventivo potrebbe esserci stato. Negli ultimi 15/20 giorni il numero dei contagiati totali in Francia, dichiarato nel sito, aveva subito forti variazioni, stranamente anche al ribasso. Come dire che forse i tecnici francesi stavano cercando indicatori che chiarissero loro l’effettivo grado di rischio della situazione in cui si trovava il paese. Se così fosse siamo lieti che abbiano trovato tempestivamente i numeri che spingono alla prudenza. Discorso un poco differente in Germania, dove, magari con meno enfasi ma con una convinzione tetragona, si era definito il numero dei giorni di frequenza scolastica che ogni studente doveva comunque raggiungere per convalidare l’anno. Nel frattempo, con la sola riapertura dei negozi, pare si fosse creato un clima da “passata è la tempesta” che aveva creato qualche effetto collaterale di troppo. Per cui Angela si deve esser detta che, con queste premesse, il passo successivo poteva essere compiuto al rallentatore per non eccedere nei rischi. E allora, fiducia nei Lander….ma con la raccomandazione di non essere precipitosi. Presumibile scaglionamento degli studenti che a turno e in piccoli gruppi potranno mettere le terga sui sedili dei banchi per raggiungere il numero delle presenze richieste. E comunque un occhio sempre attento al mutare dell’indice di contagio. Con un ottimismo molto moderato. Se finora sono bastati i negozi aperti e un clima euforico per portare il mitico R0 da 0,7 a 0,96, la soglia d’allarme fissata pare proprio a un tiro di schioppo. Una soglia (1,0) che significherebbe che ogni contagiato ne determinerebbe uno ulteriore. Ma anche una soglia superata la quale, secondo i tecnici, un dilagare dell’epidemia che porterebbe R0 a quota 2,0 non sarebbe più ben controllabile. Non equivochiamo: l’efficienza della Germania è testimoniata dal numero dei tamponi effettuati e dall’alto numero dei posti di terapia intensiva, che ha contenuto il tasso di mortalità. Tali indici restano un dato di fatto. Ma oggi vanno collegati alla capacità di modificare le ruote al treno in corsa, pur di prevenire una catastrofe. Per concludere, il passo indietro di Francia e Germania non ci deve suggerire chissà quale orgoglio nazionale. Probabilmente questa volta, essere arrivati, se non prima assieme a noi, ad una possibile svolta, ha spinto le altre due nazioni a mosse anticipate da rivedere. Da esse abbiamo da imparare, come Francia e Germania hanno imparato in passato dai nostri passi falsi. Ma qui entra in ballo un fattore di cui non abbiamo finora parlato. D’ora in avanti muoversi nell’incertezza sarà obbligatorio. La crisi economica determina pressioni sulla politica che porteranno a passi di cui non saremo in grado di prevedere pienamente le conseguenze. E gli errori degli uni avranno ricadute sulle condizioni degli altri. Guardiamo dunque a Francia e Germania e ai loro giri di valzer solamente per imparare insieme. La barca su cui viaggiamo, ci piaccia o no, rimane la stessa.
