BUON PRIMO MAGGIO
Buon Primo Maggio senza nessuna ironia, che sia una festa del lavoro dove si possa vivere la ribellione dei disoccupati, dei precari, comprendo che potrebbe sembrare fuori luogo in questo momento di crisi, ma il paradosso sta proprio qui, perché è in questi momenti che i datori di lavoro sono stimolati al facile ricatto, a giocare con la disperazione delle persone. Buon Primo Maggio, oggi particolare e non per l’emergenza sanitaria, ma perché tra 19 giorni lo Statuto dei lavoratori compie 50 anni, è il 20 maggio del 1970 la data della promulgazione della Legge 300, voluta da un ministro socialista in un governo democristiano, una legge che negli anni scorsi è stata mutilata degli suoi strumenti di forza, parliamo ad esempio dell’art.18, oggi ancora più attuale, proprio perché l’averlo sterilizzato nella tutela del divieto di licenziamento senza giusta causa, ha obbligato il governo a decretare il blocco dei licenziamenti, anche se per qualche mese.Un colpo inferto, da chi oggi chiede di ritornare a quella assurda “normalità”, dopo anni di stravolgimenti delle regole per le assunzioni, con il loro continuo moltiplicare, che ha visto centrare gli obiettivi, apparentemente non voluti, ma nei fatti quelli di rendere più debole e ricattabile ogni lavoratore, nella costrizione di piegarsi e rinunciare alla sua dignità.Buon Primo Maggio, perché oggi quei datori di lavoro si rendono conto dell’importanza delle persone, impossibilitate nel poter vivere sempre in quella assurda normalità di consumismo in un mondo globalizzato, fatto di acquisti compulsivi di oggetti del desiderio spesso inutili, dove la qualità è un accessorio rispetto ad un costo del lavoro al limite della schiavitù per contenerne il prezzo.Ecco che l’emergenza mezzo secolo dopo ci spiega l’importanza del lavoro di qualità, del lavoratore orgoglioso delle sue capacità, del suo potersi rialzare non abbassandone il livello, ma ricercando nuove soluzioni.BUON PRIMO MAGGIO a chi in questi giorni è orgogliosamente impegnato a svolgere il suo lavoro, sino al rischio estremo della perdita del bene più prezioso, la salute, perché sa di essere indispensabile per il bene della collettività.
