LA PANDEMIA, L’IMPORTANZA DELLE PAROLE, L’ARROGANTE SPOCCHIA

LA PANDEMIA, L’IMPORTANZA DELLE PAROLE, L’ARROGANTE SPOCCHIA

Come quasi sempre, tendiamo a non dare peso alle parole che pronunciamo, questo accade quando siamo in buona fede, quando pecchiamo di superficialità. Quando accade con queste motivazioni siamo soliti chiedere scusa, proprio perché riascoltandoci, esaminando quanto asserito, prendiamo visione dell’errore commesso. Magari volevamo dire altro e ci siamo espressi male. Si può rimediare. A volte invece, è tutto calcolato: ci si esprime in un certo modo per sottintendere altro, per fare il «gioco»di altri, o semplicemente per tutelarne gli interessiLe parole errate, pronunciate nel momento meno adatto, arrivano come pugni nello stomaco di chi sta ancora soffrendo o leccando ferite che difficilmente si rimargineranno .Non è semplice perdere gli affetti più cari, già quando avviene in condizioni di «normalità».Ma in questo modo è davvero tremendo: non un abbraccio, non una parola di conforto, persone caricate su ambulanze che sfrecciano a sirene spiegate. Persone che non rivedrai più perse nella lotta contro un nemico sconosciuto, tremendo e invisibile.Ai più «fortunati »spetterà una chiamata in cui si potranno salutare i famigliari, in cui in pochi istanti si dovrà dire addio, e quell’addio sarà per sempre.Epiloghi tristi, consumati nel dolore silenzioso, senza una celebrazione funebre, senza un fiore, senza un luogo in cui recarsi per pregare, per tenere vivo quel filo che ti conduce al cuore di chi hai perso.Persone cremate, magari anche contro il loro volere, che ritornano a casa in un’urna senza neanche la garanzia che le ceneri che vengono consegnate appartengano realmente ai propri cari. Assistiamo a spettacoli indegni, dove si fanno volare aggressività, toni accusatori, giustificazioni ingiustificate ed ingiustificabili.Non dovrebbero essere discorsi politici ma discorsi di buon senso, quello forse mai avuto realmente, quello tanto paventato ma mai insito nelle persone.Uomini lasciati soli a gestire una situazione pesante, chi non coinvolto fattivamente giudica, chi schierato per difendere gli interessi altrui combatte battaglie spacciate per altruiste al solo fine di ricattare chi dovrebbe appoggiare.Parole pronunciate senza rispetto per chi è morto, di cui ci si fa interpreti pensando di sapere cosa avrebbero pensato loro, cosa avrebbero voluto si facesse in un’occasione di completo disorientamento, come una eventuale riapertura.Magari è vero, come solitamente si dice che chi muore vorrebbe vederci tornare alla vita, riprenderci i nostri spazi tornare ad occupare un ruolo in questa società allo sbando.Magari invece, proprio perché sono morti a causa di questo virus ci inviterebbero ad una maggiore cautela, a non sottovalutarne le conseguenze.Fatto è che nel dubbio, sarebbe meglio tacere, oppure, se proprio non se né può fare a meno, parlare senza interpretare a convenienza, pensieri non conosciuti, pensieri che appartengono a chi non può controbattere.Tutti siamo alla ricerca della «normalità», tutti abbiamo il diritto di tornare a viverci ciò che rimane di questa esistenza, ma senza perdere di vista il rispetto delle regole dettate da questo contagio che ci aspetta al varco.A pensarci bene, non è favorevole neanche per il virus, continuare a mietere vittime, perché ogni volta che una persona muore, muore anche lui.Chiaro è che i sacrifici fino ad ora affrontati non devono essere vanificati, che ci deve essere un’assunzione di responsabilità collettiva.Chiaro è che il lavoro vada tutelato e mandato avanti, ma proprio in questo giorno in cui i lavoratori vengono «festeggiati» non possiamo non vedere i danni che alcune politiche hanno arrecato al lavoro, così come non si devono ignorare i nuovi strumenti che possano essere usati per non bloccare l’economia. Parole pesanti, come massi che rotolano giù, che trasportano con esse ciò che resta di un mondo lavorativo martoriato da contnui tagli e chiusure di aziende, da precarietà e mancanza di volontà per far crescere figure professionali che si ritrovano a fuggire all’estero per essere impiegate.Siamo qui, precari nell’instabilità, sospesi tra l’attesa di una buona notizia e l’allentamento di nuove misure che se non supportate da comportamenti corretti, ci faranno sprofondare nuovamente nell’incubo senza fine con cui si deve convivere.Giorni che non ci hanno resi migliori se continuiamo a svendere l’operato ed a prestare il fianco a chi dei lavoratori si è sempre disinteressato.Per troppo tempo i diritti sono stati calpestati, ancora oggi aziende forniscono una mascherina a settimana al suo organico, ancora oggi c’è chi, facendo il furbo, ha ignorato allegramente quanto c’era da fare per rendere sicuro il posto di lavoro.Non è semplice gestire protocolli di sicurezza che paiono vietare e non salvare vite, non è semplice trovare i fondi necessari per aiutare le tante famiglie in difficoltà, non è semplice dover fronteggiare questo branco di belve assetate di sangue, che si spacciano per costruttivi e rispettosi, quando l’unico rispetto che hanno è quello verso se stessi.Così, forse, mantenendo l’obittivita’ , il tanto accorato interesse per i cittadini, la trasparenza con cui riempiono dichiarazioni opinabili, l’interesse personale che va oltre ogni limite consentito, qualcosa potrebbe cambiare.Onestamente non mi interessa molto stare qui a rinfacciare errori che chiunque di noi, trovandosi a ricoprire un ruolo corredato da una pandemia, mai vissuta prima avrebbe potuto commettere, come pure non mi interessa fomentare divisioni, poiché il popolo, osserva, capisce ed è perfettamente in grado di valutare a cosa ha portato l’alternanza del chiudiamo tutto, seguito dopo poche ore al riapriamo tutto, tanto a soccombere poi sono i soliti, disinformati cittadini.Ancor meno mi interessa sottolineare la diversità di atteggiamento da parte di chi ha il necessario e si prodiga per gli altri o di chi ha tanto e non si priva di nulla.Ci sono imprenditori coscienziosi che aiutano, altri (come i proprietari di un negozio di abbigliamento di Brescia), che a causa del mancato ricavo, hanno esonerato gli affittuari dal pagamento dell’affitto, dando la possibilità di retribuire chi in quel negozio lavorava, ed impedendo la chiusura dell’attività.Ci sono stati nomi noti che tanto hanno donato, per ricevere l’accusa di averlo fatto solo per mettersi in mostra.Peccato che chi giudica lo faccia per coprire la sua indisponibilità all’altruismo.Le parole sono importanti, vanno scelte con cura e non possono trasformarsi nell’arrogante presunzione di sapere quale sarebbe stato, se non fossero mancati, i pensieri di chi ora non c’è più.Si invita a reagire, a tornare a vivere dopo una perdita, ma solitamente lo si fa quando intorno non vi è rischio di morte, proprio perché si vuole il bene di chi resta.Tana liberi tutti non esiste, esiste il senso di responsabilità che tanto si pretende ma poco si mette in pratica.