STANCHI DI BELLE PAROLE E DI PESSIMI COMPORTAMENTI

È che poi si diventa ripetitivi, si suona come un disco rotto, ma a quanto pare non basta…Tutti sosteniamo di aver capito tutto ma in effetti, in alcuni casi, poco pare essere stato recepito.Ci siamo commossi davanti all’immagine di un Papa solo, in una piazza San Pietro in cui a riecheggiare era solo il suono delle sirene, nella loro disperata corsa, per salvare l’ennesima vita che si stava spezzando.Ci siamo ritrovati circondati di balconi su cui gli applausi destinati a chi si prendeva cura di noi, spesso rimettendoci la propria vita, si sollevavano copiosi, per trasmettere vicinanza e rispetto. Abbiamo seguito bollettini quotidiani in cui i numeri, quei numeri, non potevano prescindere dalle persone, sì perché abbiamo perso molte vite, una generazione che aveva ancora molto da insegnare.A volte non siamo riusciti a trattenere le lacrime, davanti ad immagini che difficilmente si potranno dimenticare.Ci siamo privati di relazioni umane, di dialoghi, di risate, di esperienze da condividere, di confronti da cui apprendere, di abbracci che scaldano l’anima, per cercare di combattere questo nemico invisibile che non è ancora stato definitivamente sconfitto.Molti di noi non vedranno il mare, non potranno condividere la gioia che solo quel canto, quei colori, quelle sfumature, riescono a donare. Tanti hanno perso oltre ai propri cari, anche il lavoro, un’umanità intera in ginocchio, che si guarda dentro e vede fuori i risultati di una corsa al massacro di cui, inconsapevolmente forse, o distrattamente complici, si sono prima vantati e dopo pentiti.Sono stati giorni interminabili, dove la natura ha continuato a vivere, a risplendere a gettare basi per colorare paesaggi inanimati all’apparenza, ma colmi di diramazioni bellissime di fiori, piante e visite inaspettate di animali che costringiamo a vivere nascosti, distanti da ciò che eravamo, timorosi di ciò che siamo diventati.È che tutto risiede in noi: l’arrivismo sfrenato, la competizione esaltata, la conveniente distrazione, il timore di dire qualcosa che potrebbe fare male proprio perché reale. È che nessuno o pochi, si vogliono assumere responsabilità, invece preferiscono assumere, in nero, sfruttandoli, extracomunitari che devono spalare badilate di merda, intanto che le pance ingrassano e le tasche si riempiono.È che pare, andare bene così, nonostante gli ammorbamenti quotidiani, costanti, irritanti, per i quali vanno le bocche e restano ferme le mani…Ci sono state ipotesi varie, c’è chi pensa a complotti architettati ad arte per sterminare una parte di popolazione che non «serviva più», che rappresentava un costo per via delle pensioni da erogare, delle invalidità da riconoscere, degli ausili da recapitare, delle visite mediche da effettuare. Tutti soldi risparmiati in un paese che dei nonni ha abusato ed utilizzato come babysitter quando non era possibile averne una a causa di stipendi esigui, come ospitali ospitanti, quando, nonostante la soglia di età non più adolescenziale dei figli, gli stessi non erano in condizioni economiche tali da potersi permettere di andare a vivere da soli.In caso di perdita di lavoro dei figli , la fonte di sostegno sono diventati loro, che con le loro misere pensioni, hanno sempre trovato il modo di dare una mano, di aiutare, chi con una voltata di spalle, li ha dimenticati nelle città che diventano forni di cemento in estate, quando per loro era doverosa la tanto agognata vacanza…C’è anche chi sostiene che il virus sia stata una sorta di punizione «divina» per tutte le malefatte della società che di sociale ha conservato ben poco.Tutti amici a distanza, dietro ad uno schermo freddo, impersonale, ma presente nei giorni di reclusione forzata, così come nella vita precedente, quella in cui si correva sempre, non si aveva il tempo per una chiamata in più. Quella in cui si facevano distinzioni tra l’amico di comodo e quello vero, salvo poi diventare come per magia, di «bocca buona» e farsi andare bene anche la videochiamata di chi non si è mai tollerato realmente.Tutto, pur di non ritrovarsi soli, in mezzo a tante case piene di vita, ma invalicabili.Altri poi hanno usato il momento «catartico» per perdersi in elucubrazioni mentali circa la politica, giudicandone l’operato, scagliandosi contro le malefatte, dimenticando (guarda un po’) che sono poi loro a votare proprio quei «soggetti» che non perdono occasione per screditare gli altri, per tenere opinabili condotte, per aizzare odio e cattiveria verso gli altri.È che si attendeva il momento «liberatorio» come se fosse «manna caduta dal cielo», il grande riscatto per mostrare che tutta la solidarietà venutasi a creare nei giorni di pieno smarrimento fosse concreta e reale. Il risultato? Alcuni continuato a fare imperterriti i loro comodi, la mascherina di cui si lamentava l’irreperibilita’ diventata un optional, o mal indossata, nonostante i tanti spot pubblicitari, nonostante i pareri degli autorevoli virologi, nonostante i morti visti, documentati, vissuti.Per molti la riapertura dei locali che consentono di procurarsi cibo da asporto si è trasformata in un vero e proprio esodo: file chilometriche di auto per accaparrarsi il panino preferito della catena che non solo non è italiana, ma che viene tanto vituperata proprio perché offre cibi fritti, salsine varie che non sono per nulla salutiste e fanno ingrassare…Ma per alcuni la coerenza risiede nell’incoerenza, tanti sermoni e poi: tutti giù a calare le braghe! perché fa tanto figo ingurgitare pastrocchi, ma fa altrettanto figo rinnegarli a seconda dell’interlocutore. Come se fossimo tutti cretini, come se non fossimo raziocinanti, come se stare dalla parte sbagliata facesse elevare lo spessore di chi spessore non ha.Che dire poi degli incivili che usano si mascherine e guanti ma pensano bene di gettarli in terra, come se avessero il potere di dissolversi da soli nel nulla?Del sacco dell’indifferenziata, in poche ore, che ne è stato?Proprio lei, la pattumiera, quella diventata motivo di discussione nelle abitazioni in cui, pur di «fuggire» dalle limitazioni perimetrali, si faceva a gara per andare a gettare. Poche ore, per rimpiangere il silenzio dei giorni scorsi, per sentire la mancanza di quei comportamenti che hanno evitato il peggio a chi alla sua vita, ma soprattutto a quella di questo pianeta, non ha mai smesso di pensare.Poche ore per tornare a far finta di non vedere, di non sapere che non è passato nulla, che dietro l’angolo, se continuiamo così c’è un destino che non vogliamo, ma soprattutto che non meritiamo.Avete ragione, si diventa «menosi», si ripetono concetti logori, che ormai sono stati acquisiti, strano però dover star qui a sottolineare quanto siamo più virulenti di un virus che ci teniamo a non lasciare andar via… Allora facciamo che personalmente, preferisco l’incontro, non programmato con uno scoiattolo, avvenuto in città, dove generalmente si incontrano solo auto, pedoni che camminano velocemente, mezzi che fendono l’aria per recuperare i minuti di ritardo accumulati tra una corsa e l’altra.Facciamo che catturare un’espressione di vita, libera da schemi, che non ti teme ma che resta a guardarti, forse incuriosita da quell’aggeggio strano che ti copre mezzo volto, ripaga più del dover sempre cercare di migliorare, quando al resto del mondo importa davvero poco di cosa è accaduto e di cosa potrebbe ripetersi nuovamente. Facciamo che resti il bello di un silenzioso incontro, dove a parlare sono gli occhi dato che di rumore di sterili parole né abbiamo le mascherine piene©® foto scoiattolo limian