L’IRAN STA RIDUCENDO IL SUO IMPEGNO MILITARE IN SIRIA?

L’Iran sta riducendo il suo impegno militare in Siria? La risposta, secondo fonti israeliane, sembra essere sì. Due articoli su Jerusalem Post e al Monitor forniscono alcuni elementi di valutazione. L’impegno bellico è sempre più gravoso per i mullah a causa della crisi economica aggravata da sanzioni, crollo del prezzo del petrolio, impatto del coronavirus. Anche l’Hezbollah, attore fondamentale, deve vedersela con la situazione nel suo cortile. Il Libano è al collasso.L’uccisione da parte degli Usa del generale Soleimani ha privato gli iraniani della testa pensante, di un uomo con grande visione strategica ma anche capace di mescolarsi alle unità al fronte. Era il link fondamentale con alleati locali e milizie. Nessuno è insostituibile, ma non tutti sono uguali. Ora i suoi compiti sono stati ripartiti tra le seguenti figure: il leader Hezbollah Hassan Nasrallah segue il filone libanese; il generale Hejazi, numero due della Divisione Qods, si occupa del legame con i guerriglieri in Libano e dello sviluppo del programma missilistico; Alì Shamkhani, responsabile del consiglio di sicurezza iraniano; Ali Hajizadeh, coordinatore della difesa aerea. A questo elenco aggiungiamo anche il successore di Soleimani, Ismail Ghaani.Israele, sfruttando anche il momento, ha intensificato i suoi raid aerei contro basi, convogli, bunker gestiti da milizie filo-Teheran e dai pasdaran. Non appena viene individuato materiale bellico di una certa rilevanza o strutture importanti Gerusalemme passa all’azione. Gli ultimi strike tra il 4 e il 5.La Russia, nel suo ruolo di protettore della Siria, non vuole che diventi un fronte cronico della guerra Israele-Iran-Hezbollah. E, al tempo, cerca di ottenere i maggiori vantaggi possibili dal suo intervento al fianco di Assad, chiamato a garantire stabilità e dialogo. Quindi non c’è spazio – in teoria – per fughe in avanti, provocazioni.Lo scenario roseo dipinto dagli esperti israeliani è interessante in quanto suona una nota diversa. Però l’esperienza ci invita ad aspettare, i segnali potrebbero essere fuorvianti. Proprio perché gli ayatollah hanno dedicato tanto a questa missione diventa difficile credere che vogliano ridimensionarla. E uno studio di altri analisti ammonisce sui pericoli concreti di uno scontro.(mio contributo per la Rassegna stampa/Corsera digital)