LA POCHEZZA NEGLI OCCHI DI CHI GUARDA SENZA VEDERE

LA POCHEZZA NEGLI OCCHI DI CHI GUARDA SENZA VEDERE

Ieri era il giorno delle «mamme», tutte in festa per ricordare il ruolo importante che ricoprono nella società.Fiumi di post sui social, scambi di gratificazioni interpersonali, bacheche che pullulavano d’amore incondizionato.Un po’ per non fare sempre il bastan contrario della situazione, un po’ perché siamo tutti parecchio provati da giorni di isolamento, non voluto e tanto meno richiesto, non ho voluto infierire ponendo l’accento su chi ha un modo tutto particolare per rivestire un ruolo così importante. Ho volutamente evitato di spendere qualche parola per quelle «donne»che danno alla luce figli che abbandoneranno pochi istanti dopo la nascita.Ho evitato anche di menzionare quelle che usano i figli nelle loro schermaglie amorose trasformandoli in armi da usare a piacimento durante le cause di divorzio.Ho evitato accuratamente anche di menzionare quelle «madri»che pur di non privarsi della compagnia di uno pseudo compagno, accettano che questo tenga atteggiamenti violenti con i loro figli.Mi sono ben guardata anche di tirare in ballo quelle «mamme» che vivono tale condizione come se fosse una punizione divina, contente in apparenza, ma nell’animo tristi e destabilizzate, perché il ruolo di madre porta via loro l’indipendenza e la libertà, quella che riacquistano depositando lo «scomodo fardello» dai nonni, ogni volta che devono fare serata, una serata a cui non vogliono rinunciare. Ho dimenticato anche quelle in carriera, sempre prese tra viaggi e riunioni a cui non possono mancare, salvo poi ritrovarsi un giorno ad avere figli problematici, anoressici o peggio ancora vittime della droga o di altre scomode situazioni, in cui sono sprofondati per attirare la loro attenzione.Ma ieri doveva essere un giorno di festa, perché, una mamma dopo 18mesi di rapimento e prigionia poteva riabbracciare sua figlia, ed onestamente, non mi andava di rovinare quel clima.Ci avete pensato voi, con questi commenti che recano tutta la pochezza di cui si è capaci, nonostante il progresso, la tanto decantata «apertura mentale», la solidarietà e l’empatia, termini con i quali, spesso troppo spesso, vengono riempite bocche ma svuotati i cuori. È chiaro: si scrive, a volte affrontando anche argomenti scomodi e lo si mette in conto il fatto di non poter «piacere a tutti», così come si mette in conto che ognuno possa e debba avere la sua opinione circa ciò che legge.Abbiamo il grande vantaggio offerto dalla tecnologia, di poterci confrontare, di poter argomentare, ma questo non è argomentare è solo giudicare senza sapere, è solo additare pensando di essere migliori di altri, è solo l’essere ciechi e spostare l’attenzione sugli abiti indossati, sulla conversione religiosa, sull’aspetto fisico.Tutto tranne che sulla gioia di una madre che dopo giorni di tormento e dolore riabbraccia una figlia che accoglie proprio perché l’amore di una madre va oltre mille cose, e voi, « care mamme» dalle vite specchiate, che sicuramente non avete costellato di scelte a volte non condivise dalle vostre di madri, vi sentite in diritto di infangare. Vedete, non sono i commenti ad un mio articolo (che lascia il tempo che trova, dato che non sono Montanelli), a creare «scompiglio», ma il fatto che commenti come quelli che vedete qui, provengano da «saccenti» donne che reclamano diritti, sostenendo che gli stessi gli siano dovuti, arrogandosi quello di giudicare la vita altrui mettendola alla berlina, senza conoscerne i risvolti e lo facciano magari solo per attirare l’attenzione, per ricevere qualche like di approvazione, dimenticando di essere magari madri e se non quello, sorelle, cugine, zie, amiche di altre donne, che in questo modo denigrano ed offendono, senza fermarsi per un solo attimo a pensare.Come se nulla fosse, come se fosse nulla, lasciare traccia di sé attraverso parole che comunque resteranno a disposizione di migliaia di persone che prima o poi vi si imbatteranno. Non è una lezione di vita, non è un giudicare cotanto operato, non ci sono aggettivi per chi non riflettendo si qualifica da sé attraverso le sue «creazioni personali».Sono solo considerazioni, condivisibili o meno che mostrano ciò che si è diventati, ciò che neanche la pandemia o la maternità ha migliorato.Indossare gli abiti altrui diventa difficile, per alcuni improbabile, ma fermarsi a pensare per un solo attimo a quanto avrebbe fatto piacere loro, subito dopo aver toccato il suolo di casa, sentirsi giudicata, offesa, ricoperta di insulti e messo sul banco degli imputati, senza aver commesso nulla che leda la vita altrui, beh, forse sarebbe stato doveroso… In ultima analisi, solo una cosa: se, come si sostiene, per liberare Silvia, si è pagato un riscatto di 4 milioni di euro, e la popolazione italiana è composta da 65milioni di persone, ognuno di noi ha versato 0,6 centesimi di euro.Ecco il grande costo sostenuto!Ora, dato che a breve riapriranno anche parricchieri ed estetiste, pensiamo a quanto denaro investiamo lì, ed un pochino, solo un pochino proviamo vergogna e chiediamo scusa a chi ha «aiutato a casa loro».Non è politica, non è retorica, non è polemica è raziocinio, empatia e solidarietà femminile, quella che reclamiamo agli uomini che uccidono, violentano, feriscono ogni giorno centinaia di donne, ma, non siamo capaci di avere tra noi.