DIVISIONI CHE INDEBOLISCONO

DIVISIONI CHE INDEBOLISCONO

Silvio Berlusconi dovrebbe sapere che, come insegna l’Ecclesiaste, “c’è un tempo per parlare e un tempo per tacere”. Dovrebbe saperlo, anche perché certa retorica risulta così sfacciatamente falsa e demagogica da trasformarsi in provocazione e rivoltarsi fatalmente contro chi la pratica. E’ il caso dell’insopportabile disco rotto che il Cavaliereha riproposto domenica sul Piano Sud. Una filastrocca che si ripete uguale a se stessa dal luglio 2009 e buona solo per riempire pagine dei giornali. Il fatto è che dopo tutto questo tempo i toni roboanti dovrebbero essere saggiamente messi da parte. E magari lasciare spazio alle scuse. Perché mentre il governo continua a declamare le meraviglie di un piano che non c’è, il Mezzogiorno affonda, condannando alla stagnazione l’intera nazione. Di sicuro c’è che il paese deve tornare a crescere. E per farlo non può che puntare sulle proprie zone deboli. Non è uno sterile invito “buonista”, ma una pragmatica esortazione a percorrere l’unica via data al Paese per allinearsi ai livelli di crescita degli altri paesi europei. Il Mezzogiorno rappresenta la più grande opportunità di rilancio del Paese ma anche la frontiera del nuovo riformismo progressista. Il luogo dove la politica è chiamata a riscattare la propria missione di pubblico servizio nel segno del solidarismo e dell’unità nazionale. Prima si capirà questo, prima saremo in grado di dare risposte concrete a chi sta peggio e, in ultima analisi a tutto il Paese. La prima declinazione di questi principi riguarda come è ovvio l’applicazione della riforma fiscale in senso federale. Il federalismo fiscale rappresenta una formidabile occasione per l’Italia. L’orizzonte deve essere quello di una maggiore responsabilizzazione degli amministratori e di una macchina pubblica periferica più efficiente e vicina alla persona. Il federalismo fiscale non può né deve insidiare il concetto di unità nazionale. Al contrario, deve porre come primo obiettivo la convergenza tra il Nord e il Sud attraverso un preciso e forte indirizzo nazionale a sostegno delle aree deboli. Partecipazione e sussidiarietà devono ispirare e sostanziare non solo riforme fiscali redistributive, ma anche nuove e coraggiose politiche di crescita e del lavoro. Abbiamo bisogno di un patto sociale che riconosca nel riscatto delle aree depresse il principale obiettivo strategico nazionale. Naturalmente, non basta invocare un patto per realizzarne uno. Occorre lavorare lungo la strada della concertazione, promuovere una stagione di responsabile cooperazione tra politica, istituzioni e società civile, in cui tutti si sentano protagonisti nella definizione delle riforme necessarie entro le proprie competenze.Pura utopia? Con questa compagine di governo sicuramente sì. Oggi pero’ ci è data una occasione senza precedenti. Siamo di fronte alla tangibile possibilità di liberare il paese dal sistema di potere berlusconiano che da anni lo blocca. E siamo anche davanti al dovere di dare al paese una proposta concreta e alternativa di sviluppo. Il Partito democratico, unica forza politica in grado di parlare con tutte le aree del sociale, non può che porsi da protagonista in questa svolta epocale. Sprecare questa opportunità storica sull’altare di divisioni tutte interne alla classe dirigente, significa perdere di vista l’obiettivo finale e indebolire l’azione complessiva del partito. Servono prove? Basta aprire un qualsiasi quotidiano nazionale e leggere la rappresentazione che viene data del nostro partito. Assumere iniziative che finiscono inevitabilmente per essere divisive è oggettivamente dannoso e sbagliato, specialmente in un momento in cui siamo chiamati a dare risposte concrete, efficaci e unitarie all’Italia e agli italiani.