IL VUOTO LASCIATO DALLA PANDEMIA

Non ho parenti o amici da piangere come vittime della pandemia, eppure i mesi appena trascorsi mi hanno lasciato un vuoto che voglio provare a descrivere. Non sono un ragazzotto di primo pelo pieno di sogni e di illusioni. Ne ho viste e passate quanto basta per costruirmi addosso quell’armatura di cinismo e sfiducia indispensabili per sopravvivere discretamente in un mondo occidentale sbagliato fin dalle fondamenta ma tuttavia interamente ispirato all’efficienza,e forse per questo si era formata dentro di me la convinzione che esistesse un livello di conoscenza e capacità infinitamente superiori alle mie, non necessariamente buone ma in grado di fronteggiare se non al meglio almeno decentemente qualsiasi situazione. E invece no. Non c’è stato bisogno di un attacco alieno interstellare o dell’asteroide di Armageddon o di qualsiasi altra catastrofe hollywoodiana, è bastato un virus appena più minaccioso dei precedenti perchè la politica, la scienza e l’industria reagissero non solo in ordine sparso in base alle proprie micragnose convenienze, ma usando l’emergenza per dedicarsi al saccheggio e ai regolamenti di conti tra bande rivali lasciando noi, inermi pedine, in balìa di noi stessi. Che roba, ragazzi. Vedere i potenti e le migliori menti del pianeta starnazzare come oche davanti a una volpe, proprio non me lo sarei aspettato.