ITALIA: SU LA TESTA.
“Cosa vorrei sulla mia epigrafe? Data di nascita, data di morte. Punto.Le parole delle epigrafi sono tutte uguali. A leggerle uno si chiede: ma scusate, se sono tutti buoni, dov’è il cimitero dei cattivi?”. G. Andreotti. Chissà se il suo desiderio sia stato ascoltato o meno, anche perché, altrimenti, mi chiedo cosa abbiano scritto sulla sua tomba. Sette volte Presidente del Consiglio? Padre costituente? Prescritto per mafia? Amico di Sindona? E Gelli? Ed ecc. ecc.? Cosa ci sia scritto sulla sua lapide non so, cosa abbiano scritto la maggior parte dei giornali, invece e purtroppo, si. Ed anche cosa abbiano detto di lui – con parole, opere ed omissione – i vari segmenti del potere italiota. E lo spettacolo non è dei più entusiasmanti. Non si è persa occasione, anche stavolta, per tentare un esercizio collettivo di rimozione della memoria. Un annacquamento delle responsabilità, giudiziarie e morali, mediante la pacificazione post mortem. Un ennesimo tentativo di appiattimento del tutto, dentro il cimitero dei buoni. Ma per fortuna non sempre queste operazioni riescono, non sempre un’intera Nazione, in ogni suo strato e substrato, accoglie volentieri le operazioni di depistaggio della memoria storica. Ed a volte, questi insopportabili rivoluzionari del ricordo, si ribellano e fanno sentire la loro voce. A volte in silenzio, con gesti semplici, a volte in maniera fragorosa. La scelta del come ribellarsi è un fatto personale, che attiene alla propria cultura, indole, o semplicemente ai mezzi ed alle occasioni che ognuno di noi ha. Ma l’importante è manifestare la scelta, rivoluzionaria nel nostro Paese, di sfilarsi dalle lodi ai potenti, quando si pensa che tali lodi siano immeritate. Una persona come Umberto Ambrosoli, che ha fatto della sobrietà uno stile, per natura o per convinzione non saprei, ha scelto il modo più silenzioso. Ed è solo grazie alle polemiche successive, che il suo gesto ha assunto le proporzioni che merita di avere. Al Consiglio Regionale lombardo, in apertura di seduta, si commemora la figura del Senatore Andreotti, appena deceduto. Il mancato Presidente si alza ed esce dall’aula. E lo fa rilasciando dichiarazioni degne di una persona per bene. “E’ comprensibile che in occasione della morte di persone che hanno ricoperto ruoli istituzionali di primo piano le istituzioni le commemorino. Ma le istituzioni sono fatte di persone, ed è legittimo che queste facciano i conti con il significato delle storie personali”. E la storia personale di Ambrosoli vede la morte violenta del padre Giorgio, ucciso da sicari di Michele Sindona, mentre svolgeva la sua funzione di liquidatore della Banca Privata Italiana, del banchiere siciliano. Il quale è sempre stato oggetto di valutazioni positive da parte del sette volte Presidente del Consiglio, il quale, pochi anni fa, ebbe pure il coraggio di dire che in realtà Ambrosoli, la sua fine, se l’era andata a cercare. Aggiungiamo, per svolgere funzioni pubbliche. Davanti ad un’affermazione di tale portata verso il padre ucciso, cosa ci si sarebbe potuto aspettare dal figlio? Ed è dal tutto naturale, in quest’ottica, la reazione di Massimo Cacciari, l’altro giorno ospite ad un programma di La7, alle critiche verso questo gesto, portate avanti dall’europarlamentare del PDL Lara Comi; peraltro non nuova ad uscite discutibili, e gaffes epocali, come quando chiese, proprio ad Ambrosoli, in quale documento della giunta lombarda si parlasse di ‘ndrangheta. Però ha ragione l’onorevole pidiellina, quando dice che su questi argomenti tutto si risolve in un problema di cultura. Dunque non ci si stupisca se il nuovo consiglio lombardo, subentrato ad uno sciolto a causa degli scandali e delle inchieste che vedono consiglieri ed assessori vicini alla ‘ndranghetta, abia operato in tal senso. E ci si stupisca ancor meno ad apprendere che il Parlamento Siciliano, di contro, non ha reso omaggio al Senatore. Questa è storia di stamattina, quando in apertura di seduta il Presidente dell’Assemblea Regionale Ardizzone ha chiesto un minuto di silenzio per commemorare la figura di Agnese Borsellino, e rendere le condoglianze all’On. Musumeci, per la perdita del figlio. Al termine del minuto di silenzio, da parte del Parlamento, un onorevole ha chiesto di commemorare anche Andreotti, ma la seduta è andata avanti. Scelta precisa della presidenza. In effetti ha proprio ragione la Comi, è un fatto di cultura. Ed a Palazzo dei Normanni, evidentemente, la cultura della legalità comincia a radicarsi, comincia a spazzare via i residui della storia, più o meno recente, della politica siciliana. Non si commemora chi è stato condannato per mafia. Altro esercizio collettivo di memoria ce l’ha regalato la curva del Torino. Il CONI ha deciso di rendere omaggio ad Andreotti, con un minuto di silenzio prima dell’inizio delle partite di mercoledì scorso. La reazione, nella maggior parte degli stadi, è stato un minuto di fischi. Ma non a Torino, dove la curva della squadra della città ha reagito in maniera molto diversa, sventolando la foto di Falcone e Borsellino. Messaggio chiaro, se voi volete farci complici della vostra verità, noi vi rispondiamo con la verità storica, vi piaccia o no. Scelta assurda e senza senso, quella del CONI, ma sotto certi aspetti illuminante. Nel giorno in cui hanno fatto giocare Sampdoria-Catania, a poche ore dalla tragedia del porto di Genova, prevedere un minuto di silenzio per la morte di Andreotti, ha avuto un significato ben chiaro, che peraltro abbiamo imparato a nostre spese. I morti non sono tutti uguali, a chi muore facendo il proprio lavoro, nessun tipo di omaggio, al potere, invece, tutti gli onori. Vi è da ringraziare tutti coloro che mercoledì hanno fischiato durante il silenzio imposto dall’alto. Queste reazioni regalano un po’ di speranza. Questa ribellione al pensiero unico, all’assoluzione post mortem, al giudizio che non tiene conto della storia, sono segnali di speranza per il Paese. E ci ricordano che il paradiso dei cattivi, forse, esiste, e se esiste è più popolato di quelli dei buoni, o di chi tale vogliono farci credere sia stato.
