MARO’. IN CHE MANI SONO CAPITATI
 
        D’accordo, non è a firma del ministro Bonino, ma del suo staff. Che ha gestito malamente la piccola valanga di critiche, richieste di chiarimenti, lamentele sul profilo facebook di Emma Bonino (https://www.facebook.com/pages/Emma-Bonino/9005388225). Dove per qualche giorno ci sono stati interventi sulla questione dei marò detenuti in India, e in particolare sul fatto che non sia stata colta l’occasione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite per sollevare un minimo di attenzione sulla vicenda. Commenti respinti al mittente come off topic, persone bannate, alcuni riammessi…non il massimo per la pagina di un’esponente radicale il cui profilo di combattente per i diritti umani è noto ed apprezzato. Fino a una risposta, sempre a firma dello staff del ministro in cui si dice testualmente : “Non e’ accertata la colpevolezza, e non e’ accertata l’innocenza. I processi servono a questo”.Così apprendiamo improvvisamente che la questione del diritto a giudicare i marò italiani per un incidente avvenuto in acque internazionali, a lungo sola ed esile bandiera delle autorità italiane, viene ammainata definitivamente. Dovremo adesso attenderci attestati di fiducia e commenti tipo “La giustizia faccia il suo corso… abbiamo fiducia nella magistratura indiana.. le sentenze si rispettano…” ?C’è di più: siamo tra quelli che hanno prodotto importanti elementi che portano a confermare le dichiarazioni rese dai due marò (“abbiamo sparato in acqua, per tenere lontana la minaccia di uomini armati”) e a smentire la ricostruzione dei fatti ad opera degli inquirenti del Kerala (a partire dalla dichiarazioni a caldo del proprietario del peschereccio, che parlò di un incidente avvenuto oltre quattro ore dopo, e in acque vicine alla costa, passando per i messaggi intercorsi tra Guardia Costiera e la Enrica Lexie, fino alla pesante omissione di indagini su un altro incidente, occorso a un mercantile greco). Siamo tornati sulle manipolazioni di quell’inchiesta, dall’affondamento del peschereccio alle prove balistiche. E ora tutto questo, che dovrebbe costituire almeno una linea difensiva davanti a un tribunale il cui diritto a decidere è comunque in discussione, è accantonato. Pilatescamente, ci si rimette alla Corte Speciale indiana. Delle due l’una: o la Farnesina è convinta della colpevolezza dei due marò, o magari del fatto che i colpevoli della morte di due pescatori innocenti sono altri, nel team dei marò che erano a bordo della Lexie, e con un po’ di sarcasmo sfida il giudice di Dehli ad arrampicarsi sulle risultanze di un’indagine scadente anche per l’accusa. O l’unica cosa provata è l’incompetenza della Farnesina a occuparsi della vicenda. Ipotesi tristi entrambe.L’unica cosa su cui si può sorridere è lo scivolone dello staff, e i giochi di parole che se ne possono trarre, considerato che il Ministero ha un po’ perso le staffe, in questa occasione, e che l’inviato speciale del Governo italiano si chiama Staffan. Ma se qualcuno, come me, è convinto dell’innocenza dei due, c’è solo da masticare sempre più amaro, dopo 600 giorni.
