ATTACCO ALLA MAGISTRATURA
Una delle principali colpe che ho sempre attribuito al Cavaliere, ed ai suoi adepti, è quello di aver avvelenato il clima politico in maniera tale per cui, qualunque proposta provenga dalla destra, viene subito guardata con sospetto. Bisogna riconoscere che, spesso e volentieri, tale diffidenza era ben fondata, ma ciò non toglie che alcune proposte avanzate nel corso degli anni, se non fossero state presentate col chiaro intento di favorire Berlusconi, e dunque in un clima ed in una situazione diverse, sarebbe state proposte su cui iniziare una discussione. Questo clima di continuo sospetto, dovuto ad un fatto indiscutibile, ovverosia la situazione giudiziaria del capo della destra, che impedisce qualunque possibilità di impostare discorsi seri nel campo della politica giudiziaria, ha in queste ore un nuovo eclatante esempio. Il Presidente della Commissione giustizia del Senato, Nitto Palma, ha presentato un DDL, recante il titolo di “Disposizioni in materia di responsabilità disciplinare dei magistrati e di trasferimento d’ufficio”, che ha subito incontrato gli strali dell’ANM e di alcuni giornali, tipo Repubblica. Il disegno di legge, in sé, meriterebbe un discorso ben più serio di quello che potrà essere svolto, proprio a causa del clima da guerra fredda tra Berlusconi e la magistratura, creato negli anni dal PDL. Sia chiaro, per alcune delle ipotesi contenute nel DDL, la magistratura protesterebbe anche se l’avesse presentato la sinistra, ma quella sarebbe stata solo una guerra a difesa di una posizione di categoria; invece presentata dal PDL porta con sé il dubbio che si tratti di una nuova puntata delle leggi ad adiuvandum; dubbio peraltro condivisibile. La proposta Nitto Palma consta di tre articoli, che meritano una lettura separata. Il primo articolo, che tecnicamente sarebbe un emendamento alla L. 109/06 (relativa alla disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonche’ modifica della disciplina in tema di incompatibilità), inserirebbe due nuove fattispecie di illecito disciplinare per i magistrati. Precisamente si introdurrebbero queste due ipotesi: i-bis) il rendere dichiarazioni che, per il contesto sociale, politico o istituzionale in cui sono rese, rivelano l’assenza dell’indipendenza, della terzietà e dell’imparzialità richieste per il corretto esercizio delle funzioni giurisdizionali; i-ter) ogni altro comportamento idoneo a compromettere gravemente l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza, nel contesto sociale o nell’ufficio giudiziario in cui il magistrato esercita le proprie funzioni. In linea di massima, prevedere ipotesi di illecito disciplinare per il magistrato che dimostra mancanza di imparzialità o terzietà non è una fattispecie scandalosa, tutt’altro. Si può, però, osservare come la norma così proposta pecchi un poco di evasività. Nella prima ipotesi quel riferimento al “contesto sociale, politico o istituzionale” è decisamente vago, e richiederebbe ampia discrezionalità per il CSM nella sua interpretazione. Davvero discutibile, invece, nella seconda ipotesi il riferimento all’apparenza. Comunque si tratta di due ipotesi che potrebbero essere aggiustate, e rese non solo accettabili, ma anche giuste. Ma c’è sempre il problema di fondo; presentate da uno dei fedelissimi del Cavaliere, hanno tanto il sapore di norme punitive per i magistrati che indagano e giudicano, a fortiori condannano, il capo del PDL. Ancora più paradossale il discorso sul secondo articolo del DDL, che secondo una interpretazione letterale resterebbe sostanzialmente invariata. La norma prevedrebbe la modifica dell’art. 2 comma II, del R.D.Lgs 511/46, in tema di amovibilità dei magistrati dalla propria sede. Attualmente l’articolo in questione recita:Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previsti dagli artt. 16, 18 e 19 dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, numero 12 (3), o quando, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità. Il parere del Consiglio superiore è vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti. La riforma andrebbe, dunque, a modificare l’inciso “per qualsiasi causa indipendente da loro colpa”, sostituendolo con l’espressione “per qualsiasi situazione non riconducibile ad un comportamento volontario del magistrato”. Sinceramente nulla sembra cambiare nella disciplina. Forse, in via interpretativa, potrebbe avere un peso la modifica della parola “causa” con il termine “situazione”, ma la cosa non mi sembra così scontata. In realtà tale emendamento mi sembra lasciare tutto inalterato, e contiene un principio sacrosanto, se un magistrato non può svolgere con imparzialità il suo compito, deve essere trasferito ad altra sede. Decisamente diverso è il discorso per il terzo articolo del DDL, che prevede che tutti i procedimenti pendenti, ai sensi dell’art. 2 del R.D.Lgs 511/46, alla data di entrata in vigore della legge sono rimessi al Ministro o al P.G. della Cassazione e rimangono , per tale ragione, sospesi per sei mesi. Questa norma è decisamente pericolosa, sinceramente non so se in uno dei processi che vedono coinvolto il Cavaliere ci sia una situazione simile, ma basterebbe crearla ad arte, da qui all’entrata in vigore della legge, per bloccare i processi per sei mesi, se questa restasse la nuova normativa. Questa è decisamente una norma potenzialmente ad personam, anche perché nulla si prevede sulla prescrizione, che dunque dovrebbe continuare a maturare in attesa della decisione disciplinare. Su questo articolo si registra una dura replica del Presidente Nitto Palma, che sottolinea come l’art. 3 non si riferisca ai processi in corso. E questo, come visto, è vero; ma è altrettanto vero che la situazione descritta dall’articolo de quo possa essere creata, da qui al momento di entrata in vigore della legge. In conclusione, il DDL per due terzi non è sfacciatamente inaccettabile, sicuramente migliorabile, soprattutto per quanto attiene alla tipicizzazione degli illeciti disciplinari di nuova introduzione. L’ultima previsione, invece, è da modificare in profondità, se non si vuole rischiare l’ennesima legge pro-Cavaliere. Sinceramente ho forti dubbi che questo disegno di legge sarà approvato, soprattutto per quanto detto all’inizio dell’articolo. Esso, più che altro, mi sembra si inserisca nella tattica perseguita attualmente dagli esponenti del PDL; tattica consistente nel presentare proposte sostanzialmente irricevibili, per vedere fino a che punto possano tirare la corda con i loro compagni di Governo. Sicuramente la sinistra si opporrà a questo DDL, il relatore, peraltro, è Felice Casson, e dunque non rimane che vedere se anche stavolta ai primi malumori del PD la proposta sarà ritirata, o se stavolta la destra andrà comunque avanti, rischiando di far saltare il tavolo del Governo.
