A CANNES ARRIVA CATE BLANCHETT COL FILM DI TODD HAYNES “CAROL”

A CANNES ARRIVA CATE BLANCHETT COL FILM DI TODD HAYNES “CAROL”

DI GIOVANNI BOGANIA Cannes, il giorno dello scandalo. Lo scandalo annunciato del film “Carol” di Todd Haynes, storia di una relazione omosessuale tra due donne nell’America messa in piega degli anni ’50. Il giorno della scena di amore lesbico tra Cate Blanchett e Rooney Mara.Nei giorni precedenti, titoli al calor bianco di tutte le testate, a proposito di alcune presunte dichiarazioni di Cate Blanchett: “Ho avuto molte esperienze con donne”, avrebbe detto l’attrice australiana, sposata e madre di tre figli. Apriti cielo, fermate le rotative, carica il titolo. E se non l’avesse detto? Tra la realtà e la leggenda, si stampi la leggenda¬. È la stampa, bellezza.Il film, in competizione per la Palma d’oro, è stato proiettato ieri. E allora? C’è molto meno scandalo di quanto annunciato. Ma molto più cinema. Un cinema che dosa sguardi e silenzi, fremiti e sentimenti, passioni e compostezza. Un cinema che racconta gli anni ’50 con una precisione, una ricchezza di dettagli, in cui tutto parla, tutto racconta una storia: i vestiti, i capelli, il rossetto, le sigarette, le automobili, i giradischi. Un cinema, infine, dominato da due grandi prove di attrice, quella di Rooney Mara e quella di Cate Blanchett.Sembra di rivedere uno dei melodrammi anni ’50 di Douglas Sirk, mentre ci si tuffa – con calma, senza fretta di arrivare alla scena clou – nella storia dell’attrazione fra Rooney Mara, commessa di un grande magazzino di Manhattan, e Cate Blanchett, elegante signora prigioniera di un matrimonio infelice. Il regista le abbraccia con la macchina da presa, coglie particolari, si sposta da un volto a un polso. Lascia che anche i movimenti delle due donne raccontino le loro emozioni.Siamo nei giorni che precedono il Natale del 1952. La prima volta, Carol – Cate Blanchett – lascia i guanti nel grande magazzino dove lavora Therese – Rooney Mara. La prima occasione, il primo gancio, la prima scusa. Si incontreranno in un ristorante vicino, in una sequenza in cui la voce bassa e rauca di Cate Blanchett e quella precisa, ma anche vulnerabile di Rooney Mara sembrano carezzarsi l’un l’altra, mentre ogni pausa, ogni sguardo si carica di desiderio non detto.La scena clou, quella di cui si parlava da giorni, avverrà molto dopo, minimo sindacale di nudità e di voyeurismo. Non è nei centimetri di pelle esposta il film, ma nell’intelligenza con cui ci porta dentro il mondo di Carol, nelle sue nuvole di depressione e di autocontrollo in cui ha nascosto la sua vita, nella sua sicurezza ostentata e nella sua insicurezza profonda.Ovviamente, tutto diventa più forte, più terribile perché è ambientato nell’America del dopoguerra, mondo ancora reazionario, non propriamente aperto verso le relazioni omosessuali. Le storie gay venivano punite nella realtà, e anche in letteratura non godevano di vita facile. Patricia Highsmith, l’autrice del romanzo da cui “Carol” è tratto, era all’epoca famosa, perché Hitchcock aveva appena tratto dal suo romanzo d’esordio il film “Delitto per delitto”. Eppure, per prudenza, pubblicò questo romanzo – il cui titolo originale era “The Price of Salt” – sotto lo pseudonimo Claire Morgan.