SECONDA GUERRA MONDIALE: LA BATTAGLIA DI CASSINO

SECONDA GUERRA MONDIALE: LA BATTAGLIA DI CASSINO

Alle 10,20 del 18 maggio 1944 sulle rovine del monastero di Montecassino sventolò la bandiera bianca e rossa della Polonia seguita dalla Union Jack. Erano state issate dal 12° reggimento lancieri Podolskich, inquadrato nell’ottava armata britannica, e segnavano la conclusione della più sanguinosa battaglia del teatro di guerra italiano, la battaglia di Cassino e lo sfondamento della linea Gustav. Dopo lo sbarco in Sicilia (10 luglio) e la rapida conquista dell’Isola (39 giorni) gli alleati avevano seguito una duplice linea per risalire l’Italia. L’ottava armata britannica di Montgomery risaliva la Calabria ionica, mentre la 5° Armata Americana operò tramite lo sbarco anfibio di Salerno (Operazione Avalanche, 10 settembre). In teoria le due Armate si sarebbero dovute ricongiungere dopo pochi giorni, ma a causa della lentezza di Montgomery, ciò avverrà solo il 19. L’operazione Avalanche mirava a due conquiste: Napoli e Foggia. Una volta raggiunte le stesse con la presa della capitale Dauna, punto centrale per la prosecuzione della guerra aerea con i suoi aeroporti, da cui avviare azioni sia sui Balcani che sulla Germania, Avalanche può dirsi conclusa. Nel frattempo i tedeschi, il cui ordine era quello della ritirata ordinata si erano attestati su una triplice linea di difesa: la linea Bernhard (dal Volturno fino a Termoli), la linea Barbara (da Mondragone ad Isernia e poi lungo il fiume Trigno) ed infine la formidabile linea Gustav, che aveva proprio in Cassino ed il monte su cui sorge il monastero il punto centrale della difesa. Il monte era un punto cruciale per poter avanzare verso Roma, dato che dalla cima si dominava tutta la vallata del Liri. Quel luogo doveva essere conquistato per poter giungere alla liberazione della capitale. Ma la battaglia per Cassino (o meglio le battaglie di Cassino) diventerà uno dei momenti più drammatici della campagna italiana. I tedeschi erano posizionati in maniera eccellente e mettevano in campo alcune tra le migliori truppe della Wehrmacht, comandati dal Generale Kesserling (che aveva assunto il comando delle armate tedesche in Italia dopo che Rommel era stato trasferito in Francia) che si dimostrò un ottimo stratega. Dicevamo che le battaglie per conquistare Cassino furono ben 4 e si dipanarono per 5 mesi. Il primo tentativo di sfondare la linea Gustav fu fatto tra il 12 gennaio ed il 12 febbraio del 1944. Dopo un primo momento in cui alcune divisioni alleate erano riuscite ad avanzare, la difesa tedesca riuscì a bloccarne l’avanzata, soprattutto nel punto centrale, il monte dell’Abbazia. Era chiaro che quello era il punto principale da conquistare, e così il 15 febbraio fu previsto l’assalto decisivo al monte. La battaglia che si svolse tra il 15 ed il 18 febbraio (seconda battaglia di Cassino), oltre a non modificare in nulla lo scacchiere delle due forze in campo, è da ricordare per i bombardamenti sull’abbazia benedettina. Conoscendo la difficoltà dell’attacco, infatti, il comandante della 4° divisione indiana propose di far precedere l’azione da un massiccio bombardamento. Sia il Generale Freyberg che il Generale Alexander (comandante delle truppe alleate in Italia) decisero di accogliere la richiesta. Così il 15 febbraio, tra le 9,30 e le 13,30, oltre 200 aerei alleati sganciarono bombe da 500 Kg e bombe incendiarie sull’edificio. Peraltro il bombardamento non fu affatto preciso (anzi alcuni bombardieri colpirono le posizioni degli alleati), e solo il passaggio degli aerei più piccoli riuscì a colpire il Monastero, distruggendone una parte. Terminato il bombardamento un solo battaglione della divisione indiana mosse all’attacco, e tra l’altro non sul monte dell’Abbazia, ma alla conquista del monte Calvario (situato subito a nord) e che non essendo stato oggetto di bombardamenti aveva le difese intatte. Il risultato di questo attacco è facilmente immaginabile: un nulla di fatto. Gli stessi uomini attaccarono di nuovo, e di nuovo da soli, nella notte tra il 15 e il 16, e di nuovo furono respinti facilmente. Solo tra il 17 ed il 18, dopo più di due giorni dal bombardamento, si sviluppò l’attacco centrale sul paese, che nei piani avrebbe preceduto l’attacco al monte. Alcuni reparti della divisione neozelandese riuscirono ad entrare a Cassino, ma furono contrattaccati dai tedeschi e dovettero arretrare. Così si concluse la seconda battaglia di Cassino. Il risultato fu la distruzione di parte del Monastero senza alcun vantaggio per gli Alleati, che avevano pianificato decisamente male l’attacco. E non sarà l’unica azione deprecabile che gli Alleati faranno durante, o subito dopo, l’attacco alla linea Gustav. Anche la terza battaglia di Cassino (15-23 marzo) vide un’azione alleata discutibile sul piano morale ed inutile, anzi improduttiva, da quello tattico: il bombardamento del paese. Alle 8,30 del 15 marzo iniziò il bombardamento aereo a tappetto, e anche stavolta con lanci che provocarono un numero incredibile di morti tra gli stessi soldati alleati, e dalle 12,30 iniziò il fuoco dell’artiglieria. Concluso il fuoco di preparazione le divisioni neozelandesi ed indiane attaccarono, riuscendo a conquistare un po’ di terreno, ma trovando la facile resistenza tedesca, che nascosta tra le macerie delle case, riuscì ad opporsi senza troppe difficoltà, infatti gli attaccanti non potevano neanche disporre dei mezzi corazzati impossibilitati a muoversi tra i resti di Cassino, divenuta una enorme ed insormontabile barriera anticarro. Intanto gli indiani erano riusciti a conquistare una parte della collina, ma alla fine furono fermati dai tedeschi asserragliati tra le rovine del Monastero, e dovettero arretrare. I neozelandesi, nei giorni successivi riuscirono a conquistare altro terreno (come la stazione ferroviaria) ma i tedeschi continuavano a controllare il centro del Paese e la collina. Con questo stato di cose Alexander decise di sospendere l’attacco, ma Freyberg chiese un’ultima possibilità. Il 22 marzo ci fu l’ultimo attacco di neozelandesi ed indiani che però fu bloccato dai paracadutisti tedeschi. Il 23 la terza battaglia di Cassino era conclusa, ed il Generale Alexander decise una tregua per aspettare la primavera per quello che sarebbe stato l’attacco decisivo. La terza battaglia portò solamente orrore e distruzione, ma militarmente fu un altro successo tedesco, sebbene con gravissime perdite. Il paese di Cassino fu ridotto ad un cumulo di macerie (vedere le foto di quei giorni è davvero impressionante ed è forse l’unico modo per capire l’enormità degli atti alleati, più di ogni possibile parola), tant’è che molti definiranno Cassino come la Stalingrado italiana. Dopo questo ennesimo tentativo (tatticamente disastroso) il fronte si fermò fino a maggio. L’11 maggio iniziò la quarta ed ultima battaglia di Cassino (operazione Diadem). Il campo di battaglia era diviso in due settori, verso la costa tirrenica la V armata americana doveva attaccare sui monti Aurunci, rinforzare il 6° corpo d’armata (sbarcata ad Anzio nel gennaio precedente) e tagliare la ritirata alla 10° armata tedesca in fuga e distruggerla (non vi era tra i compiti degli americani la presa di Roma, che secondo i piani sarebbe caduta con la sconfitta dell’armata tedesca); invece l’8° armata inglese avrebbe sfondato al centro, preso Cassino e l’Abbazia, ed avrebbe proseguito inseguendo i tedeschi (a cui gli americani avrebbero dovuto tagliare la ritirata) e poi proseguire per l’appennino liberando prima l’Umbria, ed infine attestarsi in Toscana. Anche questo piano, sebbene la linea Gustav sarà infranta, non verrà rispettato. La sera dell’11 maggio iniziò uno sbarramento di artiglieria così imponente come non si vedeva dai tempi di El Alamein, i tedeschi furono sommersi da tonnellate di bombe, eppure l’attacco del 2° corpo d’armata americana sui Monti Aurunci fu bloccato. Miglior fortuna ebbero i francesi (lato nord-est dell’armata americana) che riuscirono a sfondare, soprattutto grazie alla divisione marocchina. Al centro dell’attacco i polacchi conquistarono subito il Monte Calvario, ma lo ripersero il giorno dopo. Il giorno 13 maggio, mentre la battaglia infuriava su tutto il fronte si ebbe l’azione decisiva grazie ai francesi che penetrarono la linea Gustav e avanzarono sul versante est dei Monti Aurunci. A questo punto i tedeschi rischiavano l’agiramento da sud-ovest, anche perchè nei giorni successivi anche gli americani riuscirono ad avanzare lungo la loro linea di azione. Eppure i tedeschi, ricorrendo ormai agli ultimi uomini disponibili da gettare in battaglia (compresi furieri, meccanici, ed altre figure non propriamente addestrate al combattimento), tenevano la collina di Cassino a dispetto degli attacchi di britannici, polacchi ed indiani; ed infatti il 17 maggio gli alleati erano ancora bloccati a metà della collina, ed anche i monti Calvario e Sant’Angelo erano in mani tedesche. Però il cedimento del fronte sui monti Aurunci e nella valle del Liri obbligò i tedeschi ad abbandonare le loro posizioni nella norre tra il 17 ed il 18 maggio, iniziando la ritirata che li avrebbe condotti sulla linea Gotica, a nord. Fu così che il 18 maggio i polacchi giunsero, stavolta senza sparare un colpo, all’Abbazia. Così si concluse la battaglia più feroce del teatro di guerra italiano, non senza che succedessero successivamente due fatti importanti. Il Generale Americano Clark, evidentemente per ragioni di prestigio, invece di tagliare la strada alla 10° Armata tedesca (e probabilmente finire in quei giorni del ’44 la guerra in Italia) preferì mettere in atto la cd. operazione Buffalo, cioè la presa di Roma. Fu così che il 4 giugno gli americani entrarono nella capitale, ma così facendo permisero ai tedeschi in fuga di salvarsi e trincerarsi nella linea gotica, prolungando la guerra in Italia di quasi un altro anno intero (la resa delle truppe tedesche in Italia sarà firmata agli inizi di maggio del ’45). Ma l’episodio più disgustoso di tutto questo scenario fu quello offerto dalle truppe marocchine, dopo lo sfondamento della linea Gustav, protagoniste di saccheggi e svariati episodi di violenza su donne (e non solo) nei paesi delle provincie di Frosinone e Latina. Sebbene circoli una copia di un volantino con cui il Generale Juil (comandante delle forze francesi, nei cui ranghi erano inquadrati i soldati nordafricani) avrebbe promesso 50 ore di assoluta libertà alle sue truppe, non si sa con certezza se ciò sia vero, ciò che è sicuramente vero è che l’alto comando francese fu quanto meno accondiscendente nei confronti delle truppe africane. Negli anni a seguire vi furono vari processi ai militari marocchini resisi responsabili di questi fatti, ma ad oggi non si conosce neanche il numero esatto delle vittime (secondo l’ Associazioni vittime civili di guerra si parlerebbe di 25000 persone soggette alle violenze dei goumier). Tali episodi furono resi celebri prima dal libro di Moravia “La ciociara” e successivamente dall’omonimo film di De Sica (per il quale la Loren vinse l’Oscar, e dunque la storia ebbe un eco anche negli Stati Uniti). Con questi episodi si concluse uno dei momenti più drammatici della II guerra mondiale in Italia, tra atti di eroismo ed errori tattici madornali, tra scelte militari quantomeno discutibili e distruzione. Il giudizio sulle scelte militari degli alleati durante la battaglia per la conquista di Cassino è operazione complessa. A voler giudicare ex ante tali scelte vi sono due considerazioni contrapposte da fare. Da un lato vi era la distruzione di un monumento storico, dall’immenso valore culturale e religioso, e sotto questo aspetto oggi viene facile giudicare tale azione come inaccettabile, di contro, però, si deve pensare alla possibilità teorica di salvare un numero altissimo di vite tra i soldati. D’altra parte gli alleati pensavano che il Monastero fosse usato dai tedeschi come magazzino di armi e rifornimenti (cosa del tutto falsa perchè i tedeschi non usavano affatto il Monastero), sicchè questo tipo di attacco avrebbe dovuto ridurre la possibilità dei difensori di poter proseguire la difesa. Vi è da sottolineare che i tedeschi avevano portato in salvo quasi tutto ciò che il Monastero conteneva (grazie all’opera dell’abate Gregorio Diamare e del colonnello Schlegel della divisione Hermann Goring), preservando così il prezioso materiale bibliografico contenuto nel luogo. Se invece si vuole dare un giudizio ex post, allora il discorso cambia e diventa meno difficile dare un giudizio negativo all’azione. Secondo alcuni storici, infatti, fu un clamoroso errore tattico perchè le macerie dell’Abbazia divennero molto più facili da difendere per i tedeschi (e questo è un errore che gli inglesi faranno di nuovo qualche mese dopo a Caen e qualche giorno dopo, come visto sopra, col bombardamento di Cassino); ma soprattutto, e questo è forse la cosa più grave nel piano alleato, il bombardamento avrebbe avuto un senso se fosse stato seguito immediatamente dall’attacco della fanteria, cosa che invece non si verificò. Vista in quest’ottica è facile concludere che il piano si rivelò disastroso tatticamente, e se ciò è vero diventa facile affermare che la distruzione dell’Abbazia sia stato un gesto del tutto inutile e sconsiderato; tant’è che oggi possiamo dire in tutta franchezza che quell’azione, così pianificata, fu fatta senza alcun senso e provocò la distruzione di uno dei luoghi sacri più belli del mondo senza una reale contropartita strategica che possa, in qualche modo, giustificarla. L’unica consolazione dopo quei giorni drammatici è il grande lavoro di recupero dell’Abbazia che fu fatto a partire dal dopoguerra, che le ha permesso di tornare, con la sua grandiosa bellezza, a svettare ancora sulla collina, ed a continuare la sua storia iniziata nel 529, quando San Benedetto la fondò.