CRISI CENTRI COMMERCIALI: LA PROVINCIA DI TRENTO APPROVA LO STOP

La giunta provinciale di Trento ha approvato il blocco alle superfici di vendita oltre i 10.000 metri quadri, di fatto un no grazie all’insediamento di nuovi centri commerciali che divorano il territorio; quello Trentino è per l’87% ricoperto da boschi, rocce e pascoli e solo il restante 13% è utilizzabile per insediamenti ed agricoltura.Dunque una risorsa da preservare e da valorizzare con estrema cautela. Un’azione rivoluzionaria, prima in Italia, che punta ad inseguire nuovi orizzonti e nuove politiche intente a valorizzare la qualità, sia delle piccole attività commerciali presenti che di quelle future e ad un’attenzione nei confronti del territorio che oggi più che mai dovrebbe essere al centro del dibattito politico nazionale ed internazionale.In Italia i grandi centri commerciali sono 969 e i big del settore come Massimo Moretti presidente del CNCC(Consiglio nazionale dei centri commerciali), riconfermato recentemente alla sua guida, sono certi sul futuro positivo del settore.Per Moretti la grande sfida sarà il confronto con l’e-commerce concorrente spietato che negli ultimi anni ha sbaragliato tutto e tutti, un concorrente, appunto, ma che deve diventare anche un interlocutore con cui dialogare e lavorare.Nonostante ciò il loro declino è oggettivo; iniziato negli Stati Uniti, dove sono nati, ha coinvolto il settore in maniera internazionale soprattutto dopo il periodo post-crisi, che vede i consumatori proiettati verso acquisti che reputano convenienti per qualità e prezzo e non verso la massificazione della merce che offrono i grandi centri.Analisti parlano di 400 probabili chiusure su 1.100 shopping malls presenti sul territorio statunitense e anche in Italia la situazione non è diversa; decine di centri hanno chiuso i battenti lasciando alle città e alle comunità situazioni di degrado territoriale, immense aree dismesse che difficilmente attraggono investitori interessati alla riqualificazione.La liberalizzazione del settore, avvenuta nel 1999, ha portato, negli anni, ad un incremento esponenziale del loro numero; “Le perle” a Faenza, “Baraccone” a Cuneo, “Le Torri” a Verrucchio sono esempi di Deadmall, centinaia di migliaia di chilometri quadrati di territorio ormai inutilizzato che difficilmente troverà nuova vita.Ciò che lasciano dopo la loro chiusura sono gravi conseguenze a livello economico dovute alla perdita dei posti di lavoro e alle mancate entrate nei bilanci delle amministrazioni comunali che da ogni “cattedrale del consumo” ricevono milioni di euro di tasse ogni anno.Azioni come quelle della provincia di Trento sono significative di un’epoca che sta cambiando; l’espansione sconsiderata dei centri commerciali ha danneggiato intere economie locali per poi lasciare terra bruciata intorno a sé.Valorizzazione dei centri esistenti, riqualificazione di quelli chiusi ed abbandonati e nuove politiche riguardo lo sviluppo economico di un territorio sono oggi le nuove sfide da affrontare in un mondo in continua evoluzione e, questo, la giunta Trentina lo ha capito.