IL REFERENDUM PER LE AUTONOMIE LOMBARDO-VENETE? QUESTIONE DI “SCHEI”

IL REFERENDUM PER LE AUTONOMIE LOMBARDO-VENETE? QUESTIONE DI “SCHEI”

DI CARLOALBERTO SARTOR (NOSTRO CORRISPONDENTE DA VICENZA) Con il risultato del referendum per le migliori autonomie di Lombardia e Veneto, tra le mille cose da notare, c’e’ la crisi interna alla Lega.Perde infatti punti la componente leghista “evoluta”, quella che aveva abbandonato i concetti celoduristi della secessione. Prende invece punti la componente secessionistico/indipendentista, prettamente veneta, impersonata ormai in modo non troppo mascherato dal presidente Zaia. L’impressione e’ che la frase ripetuta stasera, a caldo, dal presidente Zaia (“e adesso vogliamo i 9/10 delle tasse”), appartenga al solito disco rotto delle pretese inesigibili che regolarmente il “governatore” invia allo stato italiano. Oggi evidentemente, con in mano voti che avallano la richiesta di maggiori autonomie, Zaia suppone di poter affrontare lo stato col coltello dalla parte del manico, ma le regole sono regole, e Zaia non puo’ non sapere che quei voti, nell’ottica di una richiesta incostituzionale, valgono assolutamente come carta straccia. Si conferma, quindi, l’impressione che il referendum avesse tutt’altro in testa rispetto alle necessita’ del popolo veneto. Infatti la consultazione sembra avere una doppia caratterizzazione. Una muscolare verso lo stato italiano, l’altra di poteri interni alla Lega.Va sottolineato il fatto che la Lega ha gia’ faticato a smaltire la disgraziata vicenda del Senatur trovato con le mani nella marmellata. Ha fatto una ulteriore enorme fatica nel ripulirsi dallo sgradevole sapore del partito che cerca indipendenza e secessione. Ha quindi praticato un maquillage condotto da Salvini con notevoli risultati. E adesso? Zaia lo sorpassa a sinistra, strombazzando il clacson. E facendogli anche un gestaccio. Ma contemporaneamente fa precipitare il partito nelle ombre sgradite del partito ancora “secessionista”, nonostante tutto spauracchio per tanti elettori. Purtroppo per la Lega son tempi cupi. A pochi giorni dalle disgraziate vicende catalane, un referendum assolutamente inutile ed irrilevante verra’ usato come un ariete verso lo stato italiano, pur essendo che differentemente dalle vicende catalane qui non ci sia una regione bistrattata dallo stato centrale, non esistono le gravi limitazioni di liberta’ personale inflitte dallo stato centrale, non esiste una particolare integrita’ culturale che possa anche solo giustificare un pensiero astrattamente secessionista. La questione e’ di “schei”. Ecco quindi che la Lega si trova a rischiare di ritornare quel “partito sgradito perche’ indipendentista”.Zaia infatti, non decenni fa’ ma nel vicinissimo 2014, aveva indetto con apposita legge regionale un referendum sull’indipendenza del veneto. Aveva contemporaneamente chiesto di avere la gestione diretta delle tasse, e posto altre richieste assolutamente molto al di fuori delle agibilita’ costituzionali.Aveva anche tatticamente inserito tra le richieste anche un referendum con cui chiedere al popolo veneto se voleva che la regione attivasse delle trattative per ottenere maggiori autonomie dallo stato. Il referendum era stato accettato (gli altri no, ovviamente) solo perche’ talmente “edulcorato” e “generico” che aveva un valore esclusivamente consultivo e non vincolante. Poco piu’ di un sondaggio. Pero’ appena visti i risultati, stasera, ecco che Zaia, in conferenza stampa, si e’ rilanciato nelle richieste “inesigibili” che erano state cestinate dalla consulta perche’ completamente fuori dalla costituzione. Specificando sorridente che oggi queste richieste sono consegnate allo stato con ben maggiore forza, dato che sono accompagnate da un pacco di schede con scritto “si”. Una ripetizione di una richiesta costituzionalmente irricevibile, che viene pero’ fatta proprio con il tono di chi chiede soldi per strada facendo vedere che e’ insieme a tanti compagni di merende, pronti a menar le mani se non viene ascoltato. Un comportamento assolutamente inaccettabile. Perche’ e’ ovvio che dove lo stato non cede, non si puo’ alzar le mani, in senso ovviamente metaforico (si spera). La costituzione non si forza chiedendone deroghe in base al fatto che si ha in saccoccia un po’ di voti, ottenuti tra l’altro con un mandato che riguarda le autonomie costituzionalmente concesse. Certamente non si puo’ utilizzare quei voti per andare a “sbattere” contro lo stato e la costituzione! Ben diverso il comportamento di Maroni, il quale nel quesito referendario ha con attenzione e sensibilita’ inserito quel preciso e circostanziato riferimento ad autonomie coincidenti con i dettami costituzionali che hanno chiarito ogni dubbio: “vogliamo le autonomie in base a quanto lo stato ci concede, in base alle regole costituzionali”. Nessun pugno sbattuto sul tavolo. Nessuna secessione, nessuna indipendenza, nessuno scontro con lo stato.Zaia invece, compilando il quesito referendario, ha evidentemente “glissato” sul ribadire il fatto che il referendum avesse il massimo rispetto della costituzione.Gli elettori hanno inteso una cosa, Zaia ne ha in testa tutt’altra!Cosi’ in tanti, scopriranno di aver dato un mandato “sano e ragionevole” salvo poi sentire il mandatario ribadire che fara’ ben altro tipo di richieste! Pretese irricevibili per la costituzione, noi le andiamo a chiedere! Il referendum veneto, quindi, ha il sapore di un’abile messinscena per raccogliere oceanicamente dei voti ad uso e consumo di Zaia, anche con conseguenze pesanti per il suo stesso partito. Del resto Salvini punta a diventare presidente del consiglio, mentre Zaia ha mire da “governatore” (come lui stesso si definisce, pur essendo che quella carica non esiste!). Aveva detto, Zaia, prima del voto: “non sara’ un voto politico”, ma ecco che, a voti raccolti, l’uso sara’ politico e spregiudicatamente di conflitto con lo stato centrale.Mala tempora currunt?