STRAGE USA: NON LE ARMI MA LA CULTURA CHE NON VA
Più di mille morti negli ultimi tre anni, tra il 2015 e il 2017, per imass shootings, ossia gli omicidi di massa senza motivo e obiettivo: è e si conferma essere il fenomeno di routine, più in voga, più cool, negli Usa, la prima potenza mondiale. Con la strage di Sutherland Spring in Texas – 26 le vittime fatte da un ex-militare dell’Air Force,Devin Patrick Kelley,con un’arma semi-automatica puntata sulle persone in una chiesa battista – il Guinness dei primati nel mondo resta saldamente nelle mani degli Usa, il cui motto nazionaleIn God We Trustè stato assunto in una risoluzione congiunta del Congresso nel 1956. Motivo o movente della 470esima strage nel triennio 2015-’17, a poco più di un mese dalla carneficina di Las Vegas con il record delle vittime, 59, compiuta da Stephen Paddock, del tutto inesistente come del resto l’obiettivo per aver sparato nel mucchio: si sa che il killer, un 26enne bianco, era sposato, insegnava la Bibbia e aveva avuto in passato precedenti per maltrattamenti contro moglie e figlio che gli sono costati l’allontanamento dall’areonautica americana, l’Air Force. Cosa c’è allora dietro questo inquietante fenomeno sociale tipico degli Usa? Si dice: la vendita legalizzata delle armi. Può bastare, è sufficiente a spiegare l’efferatezza deimass shootingsideati, progettati, organizzati ed eseguiti con lucidità e senza sbagliare nulla? E perchè cose del genere accadono con una cadenza e una frequenza così elevate solo negli Usa? Non sarà che al di là della vendita legalizzata delle armi c’è qualche altra ragione poco ricercata se non nascosta? Come, ad esempio, proprio la cultura americana? Una cultura che affonda le sue radici nell’illuminismo, nei valori della democrazia e della libertà, ma anche in quelli della religione cattolica pur in presenza di una forte componente protestante? Una cultura ancora che ha abolito, dal primo Dsm del 1952 assurto a Bibbia della mente umana con la rivoluzione culturale di Berkley del 1964, la parola malattia mentale, sostituita da disagio? Tante sono le domande che queste stragi ripetute nel tempo pongono, o almeno dovrebbero porre, e non solo negli Usa. Ma pure in paesi, come l’Italia, dove sono assai meno frequenti, ma non i delitti efferati, e dove la Bibbia americana, il Dsm, ha il suo spazio e la sua influenza, tanto che ad aver cancellato la parola malattia mentale, la ‘schizofrenia’, sono più gli psichiatri e certe correnti di pensiero, come l’antipsichiatria e l’esistenzialismo e il freudismo, molto di moda nel ’68, che non il buon senso della gente comune. E con la parola malattia mentale è stata abolita anche la parola ricerca, o almeno si è tentato – non riuscendoci – di abolirla: resta il fatto ineliminabile insopprimibile che con la realtà umana i conti bisogna farli tutti per poter capire come funziona la mente e il pensiero umanio per proporsi e trovare la possibile cura e guarigione.
