RENZI E BONINO DISUNITI D’EUROPA
Il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha scritto su Istagram: “Parleremo di grandi visioni, di Europa e ne vedremo delle belle”.Nell’attesa, ha concluso i “lavori” di un raduno dei parlamentari europei del Pd a Milano incentrato sul tema degli “Stati Uniti d’Europa”. Al netto della polemica politica più diretta (siamo in campagna elettorale da tempo, e vale per tutti) ha colpito la riaffermazione dell’idea di Renzi sulla necessità di mettere al bando, sul piano dell’Unione, le politiche recessive al fine di suscitare sviluppo e crescita. Secondo il segretario del Pd, è questa la via per risolvere i più acuti problemi sociali e anche per abbassare il forte livello del debito pubblico. Ha detto: “Vogliamo più investimenti per crescita e occupazione, il che significa mettere in discussione la logica dell’austerity”, fondata sul famigerato fiscal compact. Con ogni probabilità il Pd avrà come alleata nella coalizione la lista “+Europa” ideata da Emma Bonino con l’aiuto di Bruno Tabacci. Essendo una lista con questo nome, è evidente che il programma politico di Bonino sia strutturalmente fondato sul rapporto con l’Unione. Ma, qui c’è un dettaglio che, in alleanza con il Pd, diventa grande come un macigno. Come oggi, su La Repubblica, ha spiegato in modo semplice e nitido Andrea Bonanni, nessuno potrà prescindere, in questa campagna elettorale (ma lo aveva già sottolineato Sergio Fabbrini, peraltro citato anche da Renzi a Milano) dal “vincolo europeo”. Sebbene la tendenza da parte di molti sia quella di parlar genericamente di Europa dimenticando il dato essenziale, cioè l’incarnazione degli Stati nazionali dentro gli accordi europei. Certamente, si può essere in maniera sfegatata contro l’Ue ma chi la pensa in questa maniera ha il dovere di spiegare agli elettori che uscirne – Brexit docet di questi tempi – ha costi materiali (per limitarci a questi) altissimi, di decine e decine di miliardi. Se decidi di uscire in maniera unilaterale da un Trattato internazionale, le regole dicono che ne devi sopportare i costi. Ma torniamo a Renzi e Bonino. Di Renzi s’è detto. Ma cosa pensa la lista “+Europa” sulla politica economica? C’è un testo chiarissimo. È un articolo pubblicato il 20 dicembre 2017 su La Stampa a firma dell’esponente radicale e già commissaria europea e dal segretario del partito, Riccardo Magi. Ecco il giudizio degli alleati del Pd sulla politica economica: “Nel Pd convivono due tesi. Quella di Matteo Renzi del ‘ritorno a Maastricht’, ovvero un aumento di spesa e deficit sino al limite del 3% del Pil che, se attuata, porterebbe dritta ad un debito ancora maggiore, contraddicendo così l’altra regola di Maastricht, quella del debito al 60% del Pil (oggi siamo al 132%). L’altra tesi è quella di Pier Carlo Padoan del “sentiero stretto”. A noi sembra piuttosto un “cornicione stretto perché così si condanna il Paese a vivere per molti anni ancora una vita da paria nell’Unione europea e sotto la minaccia di una pistola alla tempia dei mercati finanziari. Per noi che ci avviamo verso le elezioni puntare subito al pareggio di bilancio, ridurre velocemente il debito e tagliare le tasse è fondamentale per la prosperità di successive generazioni di italiani in Europa, l’unico contesto in cui possono avere un futuro”. Come si vede, si tratta di due visioni e di due politiche che confliggono in modo clamoroso. Quando, in un eventuale governo Renzi-Bonino, si dovesse metter mano alla legge di bilancio, quale scelta verrebbe operata? Una “legislatura di austerità” come sostiene Emma Bonino per abbassare corposamente il rapporto debito pubblico-Pil per poi presentarsi con le carte in regola a Bruxelles o una politica di pericoloso accarezzamento del 3% (il “ritorno a Maastricht”, come ama dire Renzi)? Ha ragione certamente Renzi: ne vedremo delle belle.
