ALEXANDROUPOLI: BREVE SOGGIORNO IN CAMPING E POI NUOVA DESTINAZIONE. GULE GULE

ALEXANDROUPOLI: BREVE SOGGIORNO IN CAMPING E POI NUOVA DESTINAZIONE. GULE GULE

Quando la Turchia era ancora cuoio legno e batik, tornare qui, a Alexandroupoli, era ritrovare l’Occidente. Con addosso ancora l’odore di cammello dei bazar e dei caffetani, con la testa ubriaca di magic bus e di Oriente, questa cittadina modesta e serena di fronte a Samotracia, ti accoglieva con l’abbraccio di un camping esemplare. Pulito, l’erba rasata, le piazzole ben definite nei loro spazi ed ombreggiate da un boschetto di platani e di pioppi, il Camping Alexandroupoli sembrava una mamma che si riprendesse i figli scapestrati. Ma la cosa insolita oggi è che il camping ancora esiste. In una cittadina che per soddisfare il turismo post comunista della vicina Bulgaria ha anche un casinò, il camping è tale e quale a allora, come dicesse: anche questa è una febbre e, quando vi sarà passata, io sono qui, certo, sicuro.Ora sto definendo la scelta di percorso da compiere domani. Lo dico subito: dovessi seguire il cuore taglierei la Turchia in diagonale, per arrivare a Mardin e da lì infilarmi in una zona di montagne e monasteri antichissimi. A Mardin sono stato nell’81. La gente dormiva in brande sui tetti per prendere il fresco e da lassù lo sguardo planava sul deserto della Siria, all’infinito. Che appena a cinquanta chilometri di distanza ci fossero decine di monasteri in cui si parla ancora l’aramaico non lo sapevo e non ci andai. Lo scoprii più tardi grazie a una serie bellissima di articoli di Paolo Rumiz che mi sono ritagliato e ancora conservo. Ma ora là c’è la guerra. La zona dei combattimenti più duri è proprio quella che guardavo dall’alto, sotto le stelle, tanti anni fa. Ora vedrei lampi sinistri. Dunque…dovrò, credo, non fare azzardi e restare più a nord. Premesso che proprio ora, mentre scrivo, piove, l’alternativa che forse sceglierò sarà di entrare domattina in Turchia e superare Istanbul senza fermarmi, puntare ancora una volta a Trebisonda, poi piegare verso l’interno, raggiungere la severa Erzurum e infine dirigermi a Dogubayazit, sotto l’Ararat. Nella scelta una parte, confesso, ce l’ha Hasan, il mio amico motociclista turco. Mi ha scritto che mi aspetta. Sennò forse avrei tagliato per Ankara, Sivas o per Amasya…città stupende. D’altra parte le potrò fare al ritorno anche se nei coming back io scelgo sempre un itinerario più a sud, tanto per dare al tour una circolarità da vecchio orologio. Il sud, il sud…, siamo punto e d’accapo: lì ci sta la guerra. Bah, vedremo. Non è che però anche a Dogubayazit mi aspetto rose e fiori. Chissà se c’è ancora Mustafà, il soldato turco che per parlare con qualcuno offriva il tè ai turisti. Lui la spiegò così: “Qui sono kurdi e se vedono un kurdo che chiacchiera con me, il giorno dopo lo si ritrova ammazzato”. Insomma luoghi sereni. Gule gule