IL DISPIACERE PER L’ARRESTO DI LUCA PARNASI, UN AMICO, CHE DEVE RISPONDERE DI GRAVI ACCUSE

IL DISPIACERE PER L’ARRESTO DI LUCA PARNASI, UN AMICO, CHE DEVE RISPONDERE DI GRAVI ACCUSE

So che sto per dire una cosa sconveniente: quando uno è nei guai con la giustizia, gli altri in genere si sfilano. Ma corro il rischio. Sono rimasto colpito e dispiaciuto per l’arresto di Luca Parnasi. L’ho conosciuto quando avrà avuto 22 anni. Frequentavamo un corso di spagnolo dell’Istituto Cervantes. Lui era il più simpatico della classe, gentile, aperto, gioviale e una sera invitò tutti i compagni a casa sua (io purtroppo ero fuori perché inviato) esibendosi alla chitarra. Conoscevo del resto suo padre, come un po’ tutti i grandi costruttori romani, da Caltagirone, allora proprietario del Tempo, ai fratelli Toti, a Marchini e tanti altri ancora. Il fatto è che Giulio Anselmi, appena divenuto direttore del Messaggero, mi affidò una serie di servizi su quelli che lui, con linguaggio degli anni ’70, chiamava i palazzinari. Rividi Luca una quindicina d’anni dopo, quando già era al vertice di Parsitalia e prendemmo un aperitivo insieme, in via Veneto. Lo invitai nell’aprile del 2015 alla presentazione del mio libro “Dinosauri”, sulla super pagata e non altrettanto efficiente burocrazia italiana, con la ministra Madia, Sabino Cassese e Carlo Cottarelli. Mi rispose che sarebbe venuto con piacere, se non fosse dovuto partire per NY. Da allora non l’ho più sentito. Un arresto è una cosa grave, non è un avviso di garanzia, e nemmeno un rinvio a giudizio. Ma spero, per quella vecchia simpatia più che amicizia, che le sue colpe non siano così gravi e che riesca a uscirne, come è successo ad altri.