E SE ABOLISSIMO IL SOTTOSEGRETARIO ALL’EDITORIA ?

I giornalisti non piacciono al potere, quale che sia il potere. È per questo che nessuno – qui da noi, nel Parlamento italiano – ha preso sul serio i richiami europei perché abbiamo ancora una legge che prevede il carcere per i giornalisti. Che nessuno interviene con norme contro le “querele temerarie”, quelle denunce con pretese di rimborsi a molti zeri fatte per fermare chi fa inchieste, minacciando chi scrive (la verità), e che non può finire in rovina ogni volta che cerca di vedere cosa si nasconde sotto i tappeti. Quale che sia il potere e il governo. Ora il nuovo governo sta però per sferrare un colpo micidiale alla libertà di stampa, accompagnato da minacce e sfottò: il sottosegretario Vito Crimi, con delega all’editoria, ha infatti annunciato che vuole cancellare per decreto l’Ordine dei giornalisti, a ottobre. Detta così, la notizia forse non smuove gli animi, anzi, a molti certo piace l’idea di dare una spallata alla “casta”. (E i primi a non amarlo sono proprio i giornalisti, che spesso lo considerano soprattutto una tassa in più, da cui non si sfugge). Ma basta assai poco per capire i rischi che si corrono (i cittadini che vogliono essere informati, la libertà di stampa): Crimi prima delle vacanze ha anche affermato che le “fake news”, le bufale, le balle, “sono libertà d’espressione”. Bene, se un giornalista oggi scrive una balla – ne scrivono, ne scrivono – deve rispondere appunto all’Ordine: rischia censure, sospensione, radiazione, di perdere il lavoro. E c’è chi l’ha perso, anche se aveva i galloni sulle spalle. Perché l’Ordine dei giornalisti è questo: il “bau-bau” di chi fa questo mestiere ed esce dai binari della correttezza. È il marchio “doc” dell’informazione. Gli altri, i creatori di fake news, i professionisti della bufala, quelli che alimentano “un clima” (contro i migranti, propalando l’odio) sono un cancro mascherato da informazione, che mina la nostra democrazia. Mischiare le carte è un colpo esiziale alla nostra Costituzione, che promuove l’informazione tra i diritti essenziali della persona. I nostri giornali hanno molte pecche, la qualità troppo spesso è insufficiente, troppi giornalisti preferiscono la chiacchiera vanesia in tv al mestieraccio di andare a scovare notizie. Vero. Troppi giovani fanno informazione sul web senza leggi né regole, né compensi adeguati. Vero. Sono i problemi reali dell’informazione. Sono quelli di cui – ohibò – l’Ordine dei giornalisti si sta occupando in questi mesi, per proporre una riforma al ministro della Giustizia (è lui il grande capo a cui fare riferimento, non chi ha la delega per l’editoria, che ha altri compiti). Per allargare i “doveri” dell’informazione al web, non i diritti a chi fa informazione. Per i giornalisti, che dopo il fascismo hanno costruito un sistema di enti che garantisse grande autonomia al mestiere, sganciato da tutti, l’Ordine è anche l’ente che – riconoscendo chi fa questa professione – è baricentro di un sistema di cui fan parte il sindacato (la Fnsi), l’ente di previdenza che eroga pensioni ma anche casse integrazioni e contributi di solidarietà (l’Inpgi), persino la cassa mutua (Casagit). Cancellare l’ordine è smontare il sistema, togliere autonomia. I giornalisti sono quattro gatti. Tra dipendenti e collaboratori quelli che sul serio fanno questo lavoro, pagando i contributi, non arrivano a quarantamila. Di fronte alle proteste dei vertici dell’Ordine e della Fnsi, Crimi sfotte: “Ero certo che le 300.000 persone scese in piazza nel 2008 per invocare l’abolizione dell’Ordine fossero passate inosservate… e pensavo che nessuno si fosse accorto, l’anno seguente, della nascita di un Movimento sancita proprio su questo tema così complesso e delicato…”.