ARCHEOLOGIA TELEFONICA

Ricordavo di averli conservati da qualche parte e finalmente sono venuti fuori: eccoli i miei vecchi telefonini, quelli che dieci anni fa o poco più mi tenevano costantemente in contatto con il mondo esterno. Il primo in assoluto risale alla fine degli anni ‘90 e non ce l’ho più: lo acquistai quando era diventato uno status-symbol e non se ne poteva più fare a meno. Ricordo che vidi per la prima volta l’oscuro oggetto del desiderio nell’auto del caro Roberto Guariglia: lui si pavoneggiava un po’ a farsi vedere in giro mentre telefonava dall’abitacolo della sua macchina. Prima del cellulare avevo avuto il teledrin. Lo ricordate? Era un dispositivo mobile che ti consentiva di sapere in tempo reale chi ti aveva cercato. Poi arrivò il cellulare e non ce ne fu più per nessuno. Non avremmo mai più potuto rispondere ai nostri genitori che ci sgridavano per non averli avvertiti che facevamo tardi: “e mica ci ho il telefono in tasca!” No, da allora in poi, e per me sono vent’anni, il telefono l’avrei avuto sempre in tasca. Dapprima per comunicare, poi per conversare, indi per fotografare e fare video e dal black&berry in poi per stare on line e cazzeggiare su Facebook. Come sto facendo io adesso. Una grande conquista che alla fine è diventata vera e propria schiavitù. Sarebbe bello se tra le tante giornate internazionali che vengono indette nel mondo qualcuno pensasse anche alla Giornata del Silenzio Telefonico.