SEI NAZIONI – 40′ DI ORGOGLIO ITALIA NON BASTANO E UNA MEDIOCRE IRLANDA CI INFLIGGE L’ENNESIMA SCONFITTA

SEI NAZIONI – 40′ DI ORGOGLIO ITALIA NON BASTANO E UNA MEDIOCRE IRLANDA CI INFLIGGE L’ENNESIMA SCONFITTA

Un’occasione così, come già accaduto qualche anno fa contro l’Inghilterra all’Olimpico, ma non solo, non si ripeterà facilmente. l’Irlanda, specie nel primo tempo, è apparsa demotivata e opaca. Ma non siamo riusciti ad approfittarne e il nostro spaventoso record di sconfitte è cresciuto ancora. Un proverbio cinese recita «Non si può perdere sempre»: eppure noi lo stiamo smentendo. Abbiamo perso con la formazione sperimentale messa in campo dal Galles (un’umiliazione che non è stata sufficientemente sottolineata) e oggi ci siamo dovuti arrendere alla peggiore irlanda degli ultimi tempi. Perdere sta diventando un’abitudine. Lo si capisce dalle reazioni dei giocatori dinanzi a una semplice marcatura: la gioia è incontenibile, rabbiosa, quasi disperata. Si capisce che la vittoria appare loro come un sogno proibito. Che si sentono ormai predestinati a un destino infausto, condannati a soffrire senza mai ricevere il premio dell’agognato successo. È diventato difficile persino commentarle, queste partite. Evidentemente, l’abbiamo ripetuto tante volte, è l’intero carrozzone del rugby italiano che non funziona, perché da anni soffriamo di una penuria di risultati che logorerebbe il tifoso più sfegatato.Possibile che una grande Nazione come l’Italia, che primeggia in tutti gli sport di squadra, debba essere puntualmente ridicolizzata sui campi da rugby? Perché? Siamo sicuri che mettiamo in campo davvero il meglio del rugby italiano? Siamo davvero certi che tutti i tecnici e i dirigenti siano all’altezza del proprio compito?Forse non è così. Forse siamo stati indulgenti. Forse abbiamo viziato troppo questa squadra. Abbiamo chiamato «eroi» giocatori che prendevano 50 punti a partita. Li abbiamo fatti diventare divi, abituati a godere di un successo che non avevano conquistato sul campo e che in definitiva non meritavano.Tutti aspettavamo oggi una riscossa, un moto d’orgoglio: e a tratti c’è stato. S’è scorta persino quella foga, quella furia che normalmente vediamo soltanto nei nostri avversari. Ma in altri momenti, come in quello che ha propiziato la sciagurata soft try irlandese nel primo tempo, e che tanto ha pesato sul punteggio, abbiamo mostrato i soliti limiti. Direte: almeno tre azioni dell’Italia sono state splendide, e abbiamo chiuso il primo tempo in vantaggio. È vero: ma guai esultare per cose del genere! Guai abbassare la guardia! Il rugby italiano è prossimo al naufragio, la stampa straniera già ci salta alla gola invocando la nostra esclusione dal Torneo e il pubblico ludibrio. Questa è la verità. E c’è un solo modo per sanare una simile situazione: vincere. Ma non una sola, maledetta partita, come se fosse una mano fortunata di carte, o un distratto miracolo del padreterno. Vincere come inevitabile conseguenza di un progetto vero, costruito all’insegna della più feroce meritocrazia da persone competenti e realizzato da giocatori che quando indossano l’Azzurro diventano quindici indemoniati assetati di mete. Questa era una partita da vincere. Questa era una partita in cui non si dovevano sbagliare tre calci piazzati. E questa, lasciatemelo dire, era una partita da non chiudere con la figuraccia della meta subita mentre cercavamo, con un calcio appunto, di sgraffignare un punterello di bonus per non rimanere a zero sul tabellone di una competizione che, ancora una volta, si sta trasformando in un calvario di delusioni, figuracce e umiliazioni.