IL 2014 CHIUDE IL SIPARIO
“Cinque giorni che ti ho perso …” cantava Zarrillo.“Cinque giorni e poi ti chiudo” dico io, per il saluto ad un anno quasi horribilis da rimpiazzare con uno mirabilis. Se la bellezza che ci circonda non l’avessi vista, coperta com’è dallo strato ispessito di dubbio e vanagloria generale, i bilanci non si equivarrebbero. Sono morta e rinata, ho pensato di non farcela, di essere una persona fortunata e tenace,di danzare sulle punte di un dolore, di una felicità inaspettata; ho scelto parole le cui rime non mi hanno baciata, abbagli e giochi di bambole dal meccanismo rotto ma con l’azzurro negli occhi.Sogno (sì, perché dei miei sogni son l’unica padrona!) un 2015 normale, ove la normalità abbia un’accezione di quasi scontata, buona serenità,e non di grigia esistenza. Il nostro esserci, dove l’apprensione è circostanza costante, chiede a mani giunte di riappropriarsi della giustezza delle cose. E’ stanco di condire con le più ricercate spezie, cibi che fanno venire il mal di stomaco sempre ad un passo dal male di vivere. Non serve e non voglio un promemoria di quanto mantenere e confermare dell’anno che sta per salutarci. So soltanto che il Bene non è qualcosa di astratto e inconcludente. E’ la forza più dirompente che ciascuno possa adottare. E’ ll volo carpiato di un volatile che fa dell’aria il mondo che lo porterà Oltre. I pensieri e le azioni dovranno lanciarsi in scommesse pindariche di cuore e intelletto; piegarsi all’infinito ruolo di Uomini, malgrado la finitezza che ci è propria, e con la capacità imparata, dirottare anche sulla comprensione dell’incomprensibile.Tra cinque giorni ti avrò perso, caro 2014. Dai la mano a chi seguirà le tue tracce e non lasciargliela più, per nessuna ragione al mondo. La notte del 31 dicembre, copri con la neve i dispiaceri, le sconfitte, le ingiustizie, e quando in primavera essa si squaglierà fa’ in modo che nulla o poco ritroveremo delle brutture che hanno intaccato la Bellezza dell’ Armonia.E’ una storia teatrale la nostra vita … e a mezzanotte, per quel che mi compete, pronuncerò ‘Sipario!’, ché per uno che si chiude, un altrose ne aprirà.
