TRIA: CONFERMATA FLAT TAX NELLA MANOVRA, ALLEGGERIRA’ IL CARICO SUL CETO MEDIO

TRIA: CONFERMATA FLAT TAX NELLA MANOVRA, ALLEGGERIRA’ IL CARICO SUL CETO MEDIO

La “Flat tax” nel contesto di un Def che parte già con prospettive di crescita al ribasso, piace solo alla Lega, che l’ha fortemente voluta quale strumento di scossa e di riscossa per l’economia del Paese. La cosiddetta ‘tassa piatta’ ha suscitato perplessità fin da quando si è cominciato a parlarne, circa un anno fa, e con il tempo si può dire che non abbia conquistato consensi, anzi. Fu concepita da Milton Friedman una settantina d’anni fa, anche se poi le sue radici sono  più profonde. Diciamo intanto che la ‘flat tax’ è stata applicata nel sistema fiscale di una quarantina di Paesi, con qualche variante rispetto a quella che s’intende introdurre in Italia. La maggior parte sono Paesi in via di sviluppo, o in fase di transazione o passaggio dall’economia pianificata a quella di mercato. Tra questi troviamo Ungheria, Romania, Slovacchia, Lituania, Estonia, Lettonia. E’ stata adottata intorno al 2005 anche negli Usa, allorché si è provveduto ad una riforma del sistema fiscale, attualmente si aggira intorno al 90% la percentuale di americani che paga un’imposta federale sul reddito, pari a circa il 18%. Una sorta di ‘fac simile’ della Flat tax, entrata nell’ordinamento fiscale al fine di realizzare una più equa perequazione tributaria. Cos’è in spiccioli la Flat tax? E’ una ‘tassa piatta’ che concepisce un sistema fiscale non progressivo, che si fonda su un’aliquota fissa, al netto di eventuali deduzioni e detrazioni. E’ dunque un meccanismo fiscale che si basa sull’applicazione di una tassa piatta, appunto, con aliquota unica sul reddito. Negli intendimenti della Lega c’era uno slogan accattivante, che per ovvie ragioni faceva ben sperare: “rivoluzione fiscale per migliorare la vita dei cittadini – stabilire le condizioni per realizzare davvero l’utopia del ‘pagare meno per pagare tutti’. Utopia, appunto, dato che in realtà, secondo gli studi orientati sui riflessi di questa misura, tenderebbe piuttosto a privilegiare le fasce più abbienti e a rallentare l’economia. Tuttavia non piace in primis ai sindacati, i quali hanno già espresso parere negativo sulla sua introduzione; non piace a Confindustria, non suscita entusiasmo nel ministro dell’Economia Giovanni Tria, che pur essendosi sempre dichiarato a favore, ha dovuto accettare un compromesso per inserirla nel Def. “Per l’introduzione della Flat tax bisogna tagliare altre spese” – ha dichiarato il ministro in audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Def –   “Continuerà il processo di riforma della Flat tax con la Legge di Bilancio del prossimo anno,  l’obiettivo sarà di generare semplificazione nel sistema fiscale ed alleviare il carico nei confronti del ceto medio”. Il ministro Tria si è dichiarato ottimista sulla ripresa, e sostiene che il Pil riprenderà a salire già nel secondo semestre del corrente anno. “Ci sono già dei segnali incoraggianti” – sostiene. Giovanni Tria è stato anche intervistato da Lucia Annunziata su Rai 3 nei giorni scorsi ,  ed ha dichiarato riguardo alla Flat tax: “E’ necessario mantenere quella progressività che è anche un dettato costituzionale. La flat tax quindi si può realizzare con un sistema di deduzioni e area no tax. Un’unica aliquota fiscale può essere un obiettivo, ma ora dovrebbe essere posta a livello molto elevato, il problema è di agire attraverso una riforma progressiva”. Tria rassicura su un’eventuale manovra correttiva: “quest’anno non ci sarà. Niente patrimoniale, sarebbe distruttiva.” Confindustria tuttavia non giudica positivamente la sua introduzione, in quanto rallenterebbe piuttosto la crescita dell’economia, e soprattutto non vi sarebbero esaurienti spiegazioni sul modo in cui le risorse necessarie dovrebbero essere reperite. La Confederazione Industria in audizione davanti alle Commissioni di Camera e Senato, ha infatti dichiarato: “Il Governo intende procedere nell’avvio di un percorso di riforma e di generale semplificazione del Sistema fiscale, ma non spiega veramente il modo in cui intende intraprendere queste misure, e quali siano le risorse dalle quali attingere. Certo la riforma del Sistema fiscale è necessaria,  a cominciare dall’imposta personale sul reddito, che presenta in sé tante criticità” E aggiunge: “la Flat tax o una disciplina simile con due aliquote potrebbe risolvere molti problemi legati all’Irpef, ma dovrebbe essere accompagnato ad un sistema di deduzioni – detrazioni, tale da garantire il principio di solidarietà. Dovrebbe inoltre essere concepita in maniera da semplificare effettivamente il sistema, bypassando il rischio di diversi regimi impositivi, che ne accrescerebbe la complessità. Occorre una riforma a costo zero per la finanza pubblica, che tenga conto di chi produce, ossia lavoratori e imprese.” Secondo Confindustria, insomma, è necessario studiare  la riforma del sistema  prima di lasciarsi entusiasmare dall’introduzione della Flat tax. La ‘tassa piatta’ non convince i sindacati, la Cgil è piuttosto eloquente in merito: “non vogliamo miopie e velleità elettoralistiche, il Governo vorrebbe riformare il sistema fiscale, ma non indica le risorse e le stime d’impatto, l’intervento è basato sulla revisione delle agevolazioni e sull’introduzione di nuova Flat tax per i redditi familiari. SI può condividere l’obiettivo di redistribuzione fiscale che favorisca i ceti medio-bassi, ma non è chiaro il fatto che la riforma sia legata a doppio filo ad una misura ingiusta e regressiva, tanto più su base familiare.” Nel sito ufficiale di Cgil, la ‘diffidenza’ nei confronti della tassa piatta è espressa in modo molto chiaro: “Troviamo un pò stucchevole il dibattito pre-elettorale interno alle forze di maggioranza sulla flat tax, e siamo contrari a qualsiasi tassazione piatta, tanto più sui redditi familiari, ovunque venga inserita nel bilancio o nel Def. Da tempo insistiamo sull’urgenza di una vera riforma fiscale all’insegna della progressività per alleggerire il carico su lavoratori e pensionati”. Così, in una nota, la Cgil nazionale commenta il provvedimento tanto discusso in queste ore, ritenendolo “il modo peggiore per affrontare la questione, non garantisce giustizia, equità, né tanto meno crescita economica”. La Cisl non è meno critica, soprattutto sulle modifiche alle agevolazioni fiscali, e sarebbe meglio “implementare la lotta all’evasione,  semplificare il sistema al fine di redistribuire a lavoratori e pensionati, per questo occorre mettere mano al sistema della progressività.” Contro la Flat tax c’è anche lo Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno), il quale, sempre in sede di audizione  davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato sul Def, non si esprime a favore, soprattutto in termini di ricadute territoriali degli interventi. “La Lega vorrebbe una tassa piatta al 15% fino ai 50mila euro, in sostituzione dei meccanismi Irpef di detrazioni e deduzioni, l’impressione è che queste misure non siano in grado di corrispondere all’esigenza del rilancio della domanda interna”. Secondo Svimez, le riforme del Fisco sui redditi da lavoro, al di là dei riflessi sui conti pubblici, produrrebbe ricadute sul territorio ‘fortemente assimmetriche’, che andrebbero a discapito del Mezzogiorno, ossia le aree più svantaggiate con redditi più bassi. E non sarebbero in favore neppure gli eventuali aumenti dell’Iva e riduzione della spesa pubblica, perché il Mezzogiorno ne subirebbe le conseguenze, in maniera più marcata rispetto al Nord. Secondo l’Istituto, il quadro di stime porta a considerare un Pil tendenziale in ‘modesto incremento’ nel Centro-Nord, con +0,2%, mentre nel  Sud il Pil è previsto in calo di due decimi di punto. Per quel che riguarda gli investimenti, le misure cardine del Governo non produrrebbero una significativa accelerazione nel 2019, e lievi sarebbero anche gli effetti dei due ‘pacchetti’: ‘Decreto crescita’ e ‘Sblocca cantieri’, varati questi giorni. Sulla base di queste considerazioni, Svimez sostiene che i riflessi di queste misure in definitiva non sortirebbero effetti positivi nel Mezzogiorno, secondo le previsioni di crescita programmatica per il 2019, soprattutto è rilevante il fatto che non siano state messe in campo strategie specifiche di crescita per il Sud.