TAGLI, VIOLENZE E MINACCE: STAMPA SOTTO TIRO

TAGLI, VIOLENZE E MINACCE: STAMPA SOTTO TIRO

Alla giornalista dell’Unione sarda Daniela Pinna hanno dato fuoco alla macchina. Lo stesso a Gianni Baccellieri, di Radio Antenna Febea, emittente di Reggio Calabria. A Rosà, in provincia di Vicenza, dove Matteo Mohorovicich stava facendo un servizio sull’inquinamento per la Tgr, hanno tagliato le gomme all’auto della troupe, mentre un altro cronista vicentino, Valentino Gonzato, è stato aggredito nel parco cittadino perché stava filmando il degrado. Un cronista Rai di Udine, Giovanni Taormina, ha ricevuto una busta con due proiettili: aveva intervistato un pentito. Solo negli ultimi giorni… Tra il 5 e il 19 aprile, secondo l’osservatorio di “Ossigeno per l’informazione”, ci sono stati 25 giornalisti minacciati in Italia. Dal Nord al Sud. Non è una cosa normale. Eppure, il governo non se ne occupa o preoccupa: pensa ai tagli ai finanziamenti ai giornali, porta allo strangolamento economico testate che sono un pezzo di storia del Paese, come Radio radicale o il manifesto, non fa leggi per evitare le querele-ricatto da parte dei potenti che non vogliono essere “infastiditi” dalle inchieste, minaccia i giornalisti di smantellare l’ordine professionale, quello che garantisce – per dirne una – l’obbligo dei giornalisti alla tutela delle fonti. Reporter sans frontières, che ogni anno analizza lo stato della libertà d’informazione nel mondo, quest’anno registra un generale peggioramento. Fare il giornalista è diventato un mestiere ad alto rischio: nei luoghi di guerra (solo pochi giorni fa il corrispondente di Repubblica Raimondo Bultrini è rimasto ferito da una scheggia negli attentati in Sri Lanka), ma anche nei Paesi del “tranquillo” Occidente e dell’Europa: “l’odio verso i giornalisti – scrive RSF – è degenerato in violenza”. L’Italia si piazza al 43esimo posto tra i 180 Paesi sotto osservazione, migliora leggermente rispetto alle ultime analisi, ma a preoccupare – oltre ai pericoli causati dalle “reti mafiose o organizzazioni estremiste” – sono proprio gli attacchi dei politici: “Vari professionisti dell’informazione – si legge nel Rapporto 2019 – sono anche stati apertamente criticati per il loro lavoro da rappresentanti politici, in particolare da alcuni membri del Movimento 5 Stelle, che non hanno esitato a chiamarli ‘infimi sciacalli’ e ‘prostitute’ – continua il Rapporto – e alcuni giornalisti hanno ceduto alla tentazione di censurarsi per evitare molestie politiche”. Che significa non farcela a sopportare querele, porte chiuse agli incontri, difficoltà nel fare il proprio lavoro. Ma a fronte di questi casi, ci sono quelli delle giornaliste e dei giornalisti che non lasciano le loro inchieste neppure se minacciati dalla criminalità: Rsf ricorda come in Italia ci sono “circa venti giornalisti sono sotto la protezione della polizia giorno e notte a causa di gravi minacce o tentativi di omicidio da parte della mafia o da gruppi di estremisti”, citando per tutti i cronisti Roberto Saviano e Paolo Borrometi, oltre a Sandro Ruotolo a cui il ministro Salvini voleva togliere la scorta. “Il livello di violenza nei confronti dei giornalisti è allarmante e continua a crescere, specialmente in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, così come a Roma e nella regione circostante. Diversi giornalisti hanno subito furti nelle loro abitazioni da gruppi criminali o perquisizioni dalla polizia, che ha confiscato importanti documenti di lavoro. Questi giornalisti coraggiosi e determinati continuano comunque i loro rapporti investigativi”. E se il 25 aprile i giornalisti italiani erano alle manifestazioni per la Liberazione con il loro sindacato – la Fnsi – e con i loro striscioni perché nella riconquista dei diritti politici e civili c’è anche la libertà di informare e di essere informati e la difesa del pluralismo delle voci delle diversità, il prossimo 3 maggio, nella giornata internazionale dedicata alla libertà di stampa, sono invece previsti convegni, iniziative nelle scuole, presidi sotto le ambasciate per non lasciar soli i colleghi dei Paesi dove la libera informazione oggi è più a rischio. Perché la libertà è tale se è di tutti, e la libertà di informare non può – non dovrebbe – conoscere frontiere.