IL FILA, IL GRAN TORINO E LA CAREZZA DI MERONI

Andaial Filadelfia, per la prima volta, in una mattina d’inverno del 1967. Avevo dodici anni, ero arrivato dal Brasile da poco tempo e quel giorno non c’era scuola. Tifavo per la Juventus, ma mi piaceva quell’ala destra granata, con il numero 7,Gigi Meroni: uno che possedeva talento e fantasia, dribbling superbi e finte spiazzanti, come Mané Garrincha, l’angelo dalle gambe storte, idolo della mia infanzia brasileira. Volevo chiedere l’autografo a Gigi e conoscere quel campo leggendario, il campo di quellasquadra epica scomparsa, lassù a Superga, in un pomeriggio di pioggia e lacrime il 4 maggio del 1949. Eccolo, il Fila! Capii subito di trovarmi in un tempio, in un luogo sacro. Tutto parlava di quei ragazzi, di Capitan Valentino e degli altri Invincibili. Del Grande Torino. Gli anziani non smettevano di raccontare e di piangere, il cappello stretto tra le mani: Io restavo lì, ad ascoltare quelle storie. Incantato, commosso. Poi, arrivò Meroni. Mi accarezzò la testa, mi fece la firma con la dedica: “Al piccolo Darwin, con simpatia, Gigi”. Se ne andrà pochi mesi dopo, in una sera maledetta di ottobre. Ma ancora lo vedo venirmi incontro, sorridente e gentile. Al vecchio Fila. La sua mano a scompigliarmi, lievemente, i capelli, quel suo volto generoso e buono da eroe salgariano. Il Grande Torino e Gigi Meroni resteranno all’infinito nel nostro cuore, nella nostra nostalgia e nel nostro rimpianto. Per sempre giovani, per sempre campioni.