IL DESERTO A DUE SETTIMANE DAL VOTO
La “scaletta” dello show salviniano comincia finalmente a mostrarsi per quello che è, nulla più di una vuota esibizione di autoritarismo becero-populista tenuta in piedi soltanto dall’arroganza del conduttore. Un po’ alla volta anche gli spettatori più di bocca buona spegneranno la TV o cambieranno canale, ma non aspettiamoci i titoli di coda. Un nocciolo duro di appassionati del genere, forse gli stessi del mago Otelma e di Vannamarchi, rimarrà sempre come rimarranno sempre quelli che con la lunga vicenda di governo della Lega hanno fatto affari d’oro. Tre smargiassate a vuoto in tre giorni:Siri è stato cacciato dalla poltrona di sottosegretario, la nave della Marina carica di profughi attraccherà regolarmente nel “porto chiuso” di Augusta e i negozi di cannabis terapeutica rimarranno aperti. Tre sconfitte cocenti che hanno per sottofondo un intenso rumoreggiare per la diserzione della Festa della Liberazione e per l’evidente apparentamento con gli squadristi di Casapound. Il tutto in uno scenario economico raccapricciante dove qualsiasi accenno alla “flat tax”, ultima freccia rimasta nella faretra del capitano, fa sorridere di compatimento anche il più acceso dei liberisti. Davvero un peccato che l’appello all’unità della sinistra lanciato da Zingaretti si stia rivelando inutilmente divisivo, persino peggio di prima. Sull’articolo 18, sulla patrimoniale, sull’immigrazione, sulla Libia, sul Venezuela e naturalmente su Israele. Due settimane al voto europeo e siamo ancora nel bel mezzo del deserto con le borracce vuote.
