MEDIA, DONNE E SPORT. TUTTE IN CAMPO
 
        Basterà a spiegare perché un giovanissimo calciatore (14 anni) si è abbassato i pantaloni di fronte all’arbitra in segno di sfregio al suo ruolo, disprezzo e spregio verso di lei, il fatto che dalle tribune un nutrito gruppo di genitori la stesse fischiando e insultando con frasi sessiste? Non perché arbitrava male: perché era donna. Emulazione dei “grandi”, bullismo, “che ci fa una donna su un campo di calcio”… non lo dicono anche i commentatori in tv, quelli del calibro di un Collovati? Postilla. “Un arbitro donna”, hanno titolato quasi tutti i giornali: non un’arbitra, come vorrebbe la lingua italiana, quasi che anche per la stampa per una donna in campo fosse necessario arrampicarsi sugli specchi per trovare le parole. Fatto sta ed è che tra poco più di una settimana iniziano i Mondiali di Calcio femminile di Parigi, con la squadra delle calciatrici italiane che riscatta l’onta della squadra maschile buttata fuori dai Mondiali in Russia: quelle parole sarà meglio impararle. C’è una portiera, una centravanti, un’attaccante. Purtroppo saranno giornaliste anche le commentatrici Rai, e in questo caso diciamo appunto “purtroppo”, come se anche la cronaca di una partita fosse una questione di genere e non piuttosto, a tutto campo, sport e basta. Insomma, c’è un bel po’ di confusione nei giornali quando in campo scendono le atlete. Le rinomini al maschile e le fai commentare “al femminile”, roba di donne. L’associazione di giornaliste GiULiA insieme alla UISP, con il patrocinio e l’adesione degli enti dei giornalisti e di associazioni sportive, hanno deciso di proporre per l’occasione delle “idee guida” su come raccontare lo sport al femminile senza che le telecamere tergiversino sui glutei o i commentatori prima che apprezzare le doti atletiche si soffermino su quelle estetiche. Del resto, basta poco: avere competenza di merito, dare alle discipline femminili la stessa visibilità di quelle maschili, declinare al femminile i ruoli, evidenziare le discriminazioni e le differenze di genere nello sport, sia per quanto riguarda i compensi e i premi, sia per le tutele delle atlete, sia per la loro rappresentanza nelle dirigenze sportive. Per le atlete è una questione di diritti. Per chi legge o segue la tv, è buona informazione. “In un incontro tra bambine e bambini, i maschietti sono arrivati ognuno con un fiore per una bambina. Un bel gesto. Ma perché? si chiedeva la portiera della a.s. Roma Valentina Casaroli, che fa anche l’allenatrice per squadre di giovanissimi, alla presentazione del “manifesto Media Donne e Sport”. E le bambine cosa avrebbero dovuto regalare ai maschi? Anche questa, in fondo, non è discriminazione? Non è il caso di portarci fiori quando siamo in campo…”.
