CALCIO DA LEGGERE: LA FAVOLA DI PATRIZIA, LA FINTA DI MANÉ E HATELEY IN VERSI

CALCIO DA LEGGERE: LA FAVOLA DI PATRIZIA, LA FINTA DI MANÉ E HATELEY IN VERSI

I mondiali femminili al via in Francia, con le azzurre protagoniste, le voci le conferme e le contraddizioni del calciomercato, ma anche tanti libri interessanti da leggere sul nostro sport, nel bene e nel male, più seguito. Mentre ci apprestiamo a fare il tifo per le nostre fantastichecalciatrici, dedichiamoci, come buon auspicio, al bel volume di Valeria Ancione, firma del quotidianoCorriere dello Sport:“Volevo essere Maradona”, Storia di Patrizia che sognava la serie A, postfazione di Patrizia Panico (Mondadori). Ancione, tra finzione e realtà, ci racconta la vicenda umana e professionale della nostra formidabile attaccante Panico, 14 titoli di capocannoniere, 10 scudetti, in nazionale 110 reti in 204 partite, oggi allenatrice della nazionale maschile under 15. Le frasi di Patrizia sono il manifesto di un riscatto, di una forza in campo e fuori: Ho avuto la fortuna di lavorare, nelle mie stagioni in televisione, con Carolina Morace, altro asso del football femminile: classe, competenza, ironia. Forza, ragazze: siamo con voi! Olivier Guez, autore dell’imperdibile“La scomparsa di Josef Mengele”, propone, sempre per Neri Pozza, un breve, intenso e incisivo saggio dedicato alla poetica del football:“Elogio della finta”, traduzione dal francese di Margherita Botto. Guez, tifoso di Strasburgo e River Plate, ma, soprattutto, folgorato dalla bellezza estetica del Brasile del passato, ripercorre la storia sociale, politica e calcistica del Gigante sudamericano celebrando il “dribbling” come momento di riscatto popolare da parte dei neri e dei mulatti; un’arte resa pura magia e meraviglia dall’ala destra Mané Garrincha, l’angolo dalle gambe storte, l’eroe tragico cantato da musicisti, poeti e narratori. “Il dribblatore è il malandro del calcio”, suggerisce Olivier. Quel “malandro”, il nero o mulatto furbo, edonista e pigro, reso celebre dal cinema e dai libri, che sapeva destreggiarsi abilmente in un mondo di bianchi ricchi, razzisti e presuntuosi. Oggi, anche in Brasile, la fantasia non è più al potere, e non solo nel pallone. Ma un giorno torneranno le finte sbilenche e spiazzanti, torneranno felicità e immaginazione, per ridare nuovamente ragione a Pier Paolo Pasolini: i brasiliani sono i migliori dribblatori del mondo. Michele Mari, milanista, scrittore poeta e traduttore, è, senza ombra di dubbio, il Gianni Rivera della nostra letteratura: eleganza, estro e aggettivi mai sbagliati (così come il breriano Abatino non falliva mai un assist). Leggere Mari significa immergersi nelle nostre lettere, viaggiare attraverso i secoli e le pagine, conoscere la bellezza abbagliante della nostra lingua. Nella sua ultima raccolta, un recupero dei versi giovanili,“Dalla cripta”, Giulio Einaudi Editore, troviamo, per il nostro piacere e il nostro stupore, un poema dedicato al centravanti Mark Hateley: endecasillabi sciolti per l’inglese che vestì, con alterna gloria, la maglia rossonera negli Anni Ottanta. L’attaccante diventa l’Atleide. E scoprite chi sono, via via, Castagneronne, Roberzio, Nestorre, Dibartelimede, Vilchide Raimonte. Un gioiellino, per davvero: peccato per qualche errore nelle note (da rimediare nelle future edizioni). Michele Mari resta, tra i nostri autori, un Pallone d’Oro. Per sempre.