LA MORTE E’ UNA PERDITA PER TUTTA L’UMANITA’

LA MORTE E’ UNA PERDITA PER TUTTA L’UMANITA’

A Fermo è morto un nigeriano, a Roma un americano, in provincia di Benevento una bimba italiana. Perché facciamo le differenze? Perché non ci convinciamo che ogni morte violenta è una perdita per tutta l’umanità, è un pezzo della cosiddetta società civile che si sgretola sotto il peso delle ingiustizie che ogni giorno vengono perpetrate senza che una parola venga spesa se non ad uso e consumo della “notizia” e della sua strumentalizzazione? Ogni volta veniamo “distratti” dalle aggravanti, dalle anomalie, era nero, è fascista, era ubriaco, è un disadattato, era una bambina, era solo una bambina. E così, morte dopo morte, la pietas si fa più rarefatta, quasi una fastidiosa abitudine che sfocia infine in quell’assurdo applauso, quel rumore stonato che da tempo accompagna l’uscita di un feretro, e quello stringersi l’uno all’altro non è più un consolarsi a vicenda, ma come un voler essere sicuri di “esserci”, aspettando la prossima vittima. Una volta ai funerali si stava in silenzio, basiti, composti, in un raccoglimento profondo e condiviso in cui con dolore ci si chiedeva, tutti, in che cosa avevamo sbagliato.