GLOBAL COMPACT FOR MIGRATION E LA NON AUTOREVOLEZZA DELL’ONU

GLOBAL COMPACT FOR MIGRATION E LA NON AUTOREVOLEZZA DELL’ONU

La ” migrazione” fa parte della storia dell’uomo, del suo scoprire, del suo avventurarsi, del suo successivo stanziarsi. La chiamano “tavola delle nazioni” ed è la lunga lista dei discendenti di Noè i cui figli, dopo il diluvio universale, popolarono la terra. L’attuale popolazione del mondo pare discendere dalle migrazioni dei tre figli di Noè: Sem, Cam e Jafet e delle loro mogli. Eppure, sebbene la migrazione faccia parte del DNA umano, gli ultimi anni hanno visto la quasi censura del termine e l’escalation di un urticante senso di intolleranza verso il fenomeno. Il Global compact for safe, orderly and regular migration, detto comunemente Global Compact, è un’ idea nata nel 2015. Il vecchio continente era in preda ad una massiccia ondata migratoria che lo coglieva impreparato politicamente e socialmente ad affrontarla. Le nazioni unite decisero di convocare una riunione per affrontare il problema. La problematica e l’analisi della stessa veniva affrontata in un momento storico in cui l’Europa era spaccata sulla questione migratoria, cominciavano ad avere sempre più  seguito le politiche sovraniste e molti stati si dissociavano sin da subito dall’idea di una “piattaforma” tendente ad una regolamentazione coordinata e globale del fenomeno dell’immigrazione. Nel 2016 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lanciò la proposta di una piattaforma non vincolante per rendere più efficaci le politiche dell’immigrazione. Detta proposta si sarebbe dovuta poi concretizzare in un accordo, sempre non vincolante, teso a sancire la necessaria cooperazione fra i diversi stati, la condivisione delle responsabilità, l’unità   degli obiettivi. Chiamato legge morbida, “soft law” in quanto strumento intergovernativo non vincolante, il patto veniva creato per regolare fenomeni complessi, che vanno al di là delle competenze e delle giurisdizioni dei singoli Stati. Punto focale del Global Compact è la consapevolezza che la questione delle migrazioni debba affrontarsi a livello globale tramite una fitta rete di collaborazione internazionale. Nel 2016 la proposta era stata sottoscritta anche dall’Italia ed il patto era stato battezzato “Dichiarazione di New York”. Quasi duecento paesi l’avevano firmata chiedendo l’adozione di un patto migratorio da sottoscriversi entro il 2018. Il patto, Global Compact appunto, stabiliva 23 obiettivi da perseguire che, pur non essendo vincolanti, avrebbero dovuto orientare l’operato dei singoli governi. Molti dei 23 “suggerimenti agli stati” erano già  inseriti in norme di diritto internazionale a tutela della vita umana e della dignità dell’individuo, come ad esempio: ” combattere il traffico di esseri umani, affrontare e ridurre la vulnerabilità  dei migranti, gestire le frontiere in modo integrato, sicuro, coordinato”. Altri input inerivano l’aspetto della cooperazione: “migliorare la cooperazione consolare, la protezione, l’assistenza durante il percorso migratorio, fornire l’accesso ai servizi di base per I migranti, consentire la piena coesione sociale e la piena inclusione, eliminare tutte le forme di discriminazione, promuovere un discorso pubblico basato su dati comprovati per formare la percezione dell’opinione pubblica.” Accanto a questi obiettivi vi erano proposte di carattere politico come l’apertura di vie legali per l’immigrazione, una cooperazione attiva per facilitare rimpatri e riammissioni sicuri e dignitosi e un reinserimento sostenibile, la creazione di condizioni migliori per garantire uno sviluppo sostenibile in tutti I paesi onde scongiurare diaspore”. Il documento è incentrato sulle persone, sulla cooperazione internazionale, sui diritti dei minori, sullo sviluppo sostenibile, sulle differenze di genere, sul rispetto delle norme internazionali e sulla necessità  di partecipazione. Il patto prevede inoltre un maggiore sostegno ai paesi e alle comunità che ospitano il maggior numero di rifugiati. Il Global compact è stato vittima nel mondo di una campagna demolitoria soprattutto ad opera di una certa politica che, cavalcando l’onda del dissenso generalizzato contro le istituzioni di governo, hanno accusato il documento e l’idea in esso sottesa, di favorire “l’invasione”, ” l’immigrazione incontrollata” dando libero sfogo ai più  beceri ed ingiustificati populismi. Gli Stati Uniti non avevano sottoscritto nel 2015 l’accordo di New York, e non hanno aderito al Global Compact. Inizialmente in Europa, solo il governo ungherese di Orban aveva declinato l’invito a al summit di Marrakech per l’approvazione dell’accordo. Poi Polonia, Bulgaria, Austria, Repubblica Ceca, Svizzera, Israele e Australia hanno fatto marcia indietro. L’Italia ha sospeso la sua adesione al Global Compact e non ha partecipato al summit di Marrakech. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini si era sempre dichiarato contrario al Global Compact. Per la Lega, infatti, il documento “metterebbe sullo stesso piano i migranti c.d  economici e i rifugiati politici e si rischierebbe una immigrazione incontrollata”. Stessa posizione di Fratelli d’Italia che aveva sempre paventato una possibile” invasione dell’Italia”, firmatario di una ” mozione per il no”. Analoga posizione quella assunta da Forza Italia contro la ratifica dell’accordo internazionale. Il Movimento 5 Stelle appariva spaccato al suo interno con l’ala più  vicina al Presidente della Camera Fico, inequivocabilmente favorevole all’accordo. Le opposizioni di sinistra hanno rumoreggiato dinanzi alla palesata volontà di non presenziare a Marrakech. In pieno stile italico degli ultimi tempi, attendista, dando un colpo alla botte e uno al cerchio, il Presidente del Consiglio Conte ha annunciato la “sospensione dell’adesione dell’Italia” <<  Il Global Compact for migration è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini.>> ha dichiarato il Premier. << Per questo il governo ritiene opportuno parlamentarizzare il dibattito e rimettere le scelte definitive all’esito di tale discussione, come pure è stato deciso dalla Svizzera >>( Giuseppe Conte) Il Governo, pertanto, non ha partecipato al summit di  Marrakech riservandosi di decidere se sottoscrivere il documento dopo la pronuncia del Parlamento e dopo aver considerato la sua applicazione fra I paesi che vi hanno aderito. Un rinvio, quindi, sine die, una scelta salomonica per sedare, secondo le opposizioni, i mugugni interni alla maggioranza di governo fra Lega e i sostenitori della validità del global compact. Il dieci dicembre 150 nazioni hanno firmato l’accordo. L’ Italia non è stata fra quelle, pur essendo stata tre anni fa firmataria del patto. << Non dobbiamo soccombere alla paura o alle false narrazioni sulle migrazioni >> ha detto con veemenza il segretario generale dell’Onu António Guterres all’apertura dei lavori del summit, scagliandosi contro le “molte menzogne” che sono state  diffuse sul Global Compact,  che è stato ratificato in via definitiva il  19 dicembre all’assemblea generale delle Nazioni Unite. Critici coloro che vedono nel Global Compact una celebrazione dei principi del neoliberismo. In una intervista rilasciata ad Amerigo Mascarucci sull’Alernativa, Giulietto Chiesa sostiene:<<  la firma di questo trattato avviene nel momento in cui ormai, in Europa e negli Stati Uniti, sta salendo la protesta anti globalista. Sta emergendo con forza la volontà dei popoli di voler restare fedeli alla loro storia, alla loro cultura, alla loro identità. Stiamo creando ad alta velocità la frizione fra le varie civiltà e il Global Compact rappresenta da questo punto di vista un’accelerazione. Diverse civiltà, che sono state sempre lontane le une dalle altre, sono oggi messe brutalmente a contatto con l’impatto di grosse masse di individui in movimento. Penso che questo sia l’ultimo sprazzo del globalismo liberista >>. Forse, per una volta, la decisione del premier Conte, di rimettere salomonicamente la scelta al Parlamento italiano si è rivelata democraticamente corretta. Un dibattito approfondito, maturo e non emozionale e un’assunzione di responsabilità  della nazione nelle persone di tutti i suoi rappresentanti, è un approccio metodologico corretto dinanzi ad un tema che non consente errori e non merita derive. E’ una strana epoca questa. E’ una strana epoca quella in cui il palazzo di vetro delle Nazioni Unite, le sue stesse iniziative, vengono guardate con sospetto, e restano, nella deriva dei continenti che migrano verso l’inumanità, solo cocci acuminati di intolleranza, il senso del fallimento di una istituzione che non ha più alcuna autorevolezza svenduta spesso sul bancone del mercato globale.