BRUCE LEE: L’URLO CHE TERRORIZZAVA L’OCCIDENTE

BRUCE LEE: L’URLO CHE TERRORIZZAVA L’OCCIDENTE

Se Bruce Lee fosse ancora vivo, oggi sarebbe un signore di 75 anni. E invece il 20 luglio del 1973, a soli 32 anni, diede addio improvvisamente alla sua Hong Kong a causa di un edema cerebrale, complicanza di un’ipersensibilità a un farmaco. Niente maledizioni, niente sfide all’ultimo sangue, niente triadi: una semplice fatalità, nonostante le tante leggende. Ma la morte ha paradossalmente reso immortale il piccolo drago (questo significava il suo nome) facendolo entrare per sempre nel mito, come dimostra la statua di bronzo alta due metri e mezzo  affacciata sul porto che  accoglie i turisti di Honk Kong. In questo 2015 Milano, città dell’Expo, lancia un ponte sull’oriente anche a livello cinematografico, e organizza una rassegna dedicata a Bruce Lee, mito globale, e ai suoi eredi. Dal 7 al 12 luglio, allo Spazio Oberdan, enti come Cineteca Italiana, Hong Kong Economic and Trade Office e Hong Kong International Film Festival Society daranno vita a “Hong Kong Martial Arts Film”. Non è un caso se il titolo più noto fra quelli proposti è “The Way of the Dragon” (“L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente”) che Lee, al suo debutto come regista, volle ambientare proprio in Italia, a Roma. E se per le ambientazioni del duello finale contro Chuck Norris nel Colosseo fu necessario ricorrere a ricostruzioni in studio, fa effetto, invece, vedere il divo cinese del kung fu immerso in italiche località, come le suggestive fontane di Villa d’Este a Tivoli. Artisticamente parlando, tra fratelli minori e nipoti, in tanti hanno poi percorso la strada battuta dal maestro, magari con qualche passaggio in America, al cinema o in televisione: nomi che possono dir poco come Sammo Hung o Jet Li. Solo Jackie Chan (“The Young Master – Il ventaglio bianco”) è riuscito ad affermarsi a livello internazionale. Dapprima negletto dai puristi, ha saputo fare del suo stile – una commistione di azione (marziale) e commedia alla Bud Spencer & Terence Hill – un punto di forza, e grazie alla sua simpatia è stato “adottato” da Hollywood. Si è sempre ostinato a non usare controfigure, anche se immancabilmente in ogni film si procurava qualche infortunio. Ma, spirito d’intraprendenza, ha saputo trasformare anche questi incidenti in gag: la verifica nei titoli di coda, con un montaggio di esilaranti ciak tagliati, diventati ormai un suo originale marchio di fabbrica. Pubblicato il:10 Lug, 2015 @ 02:08