LE NEVICATE NON SONO PIU QUELLE DI UNA VOLTA. NEMMENO A TORINO

LE NEVICATE NON SONO PIU QUELLE DI UNA VOLTA. NEMMENO A TORINO

Alle elementari, in un tema dal titolo «Parla di tuo papà» oppure «Parla di un fenomeno atmosferico», scrissi che mio papà odiava un fenomeno che chiamava «listrina», termine piemontese che non sapevo tradurre, in realtà non sapevo bene se fosse un termine piemontese oppure un termine soltanto di mio papà.Listrina era il ghiaccio sulle strade, non tanto il ghiaccio in lastre ma quello mimetizzato, in polverina, che può sembrare pioggia, figlio del nevischio, subdolo. Mio papà era veterinario, faceva moltissimi chilometri senza saper troppo guidare, per cui quando c’era la «listrina» era preoccupatissimo e incazzato.Il secondo fenomeno atmosferico che detestava era la nebbia, il terzo la neve.A me invece la neve, come a tutti i bambini, piaceva. Era una festa, e all’epoca, i primi anni ’80, da dicembre a febbraio era festa molto spesso.Già allora si diceva: «Non nevica più come una volta». Mio padre raccontava di nevicate epiche sia nelle Langhe sia soprattutto a Paluzza, in Friuli, dove aveva fatto il militare curando i muli degli alpini. C’erano delle fotografie in cui mio papà saliva per le montagne con i muli, in mezzo a trincee scavate nella neve più alta del dorso del mulo.A me bastava la neve che c’era, anche se non nevicava più come una volta. Appena incominciava, tutti i bambini scendevano in strada e stavano sotto e nella neve, spesso con il bob o lo slittino, spesso senza niente. L’importante era esserne avvolti.Avevo un bob rosso, con cui facevo a gara con gli altri bambini del paese, giù per una stradina dove non passava mai nessuno.Nel gennaio del 1987, un mattino, scese in poche ore tanta di quella neve che mia madre, che era venuta a prendermi a scuola, con l’automobile, impiegò tre ore per fare i dieci chilometri tra la scuola e casa. Mia madre guidava molto meglio di mio padre, ma tutta Alba era bloccata. Arrivato a casa scesi in cortile, in strada, a stare nella neve. Ce n’era un metro. Ero da solo, e mentre giocavo a stare nella neve arrivò un cane lupo e mi spaventò, non lo conoscevo e mi morse a una mano.Guardavo alla televisione le gare di sci, ma nessuno nella mia famiglia aveva mai sciato. Sciare era uno sport molto costoso, e noi tutti quei soldi non li avevamo. Però io insistevo, così mio nonno mi portò da un lontano parente che sapeva avere degli sci, e mi comperò quegli sci usati dal lontano parente che abitava nei pressi di piazza San Giovanni in Alba. Gli sci erano vecchi come i lontani parenti che ce li avevano venduti, avevano il gancio a molla come si usava negli anni ’60, un reperto museale quando invece in televisione Pirmin Zurbriggen e gli altri avevano scarponi e sci corti velocissimi. I miei erano molto lunghi e io non avevo gli scarponi in plastica dura, usavo i miei doposci dalle pareti molli e gli attacchi facevano presa direttamente sulla caviglia, così che se stringevo poco gli sci saltavano, se troppo mi attanagliavano la caviglia nel dolore. Fu abbastanza chiaro che erano inservibili, così dopo qualche tentavivo smisi di sciare. Però mi feci comperare degli occhiali da sciatore professionista, l’unico oggetto accessibile, restituivano il mondo giallo e non entrava negli occhi un fiocco di neve. Li usavo per stare nella neve e per andare sul bob.C’erano i mucchi, i barùn li chiamavamo in dialetto, i barùn nascevano dappertutto, ovunque ci fosse uno spiazzo dove potesse essere spinta la neve che veniva tolta dal parcheggio, dai cortili, dalle strade. Quando vedevamo un barùn lo scalavamo e arrivavamo in cima, mia mamma diceva sempre che la neve era sporca e mi sarei insozzato, però poi mi lasciava andare, chi se ne frega, mi divertivo a perdere una gamba nella neve che cedeva, la gamba affondava e dovevo farmi forza per tirarmi su. I barùn non si scioglievano che a marzo, dopo essere nati alle prime nevicate, di solito entro la metà di dicembre.Così quando ho saputo di big snow ero felice, mi sembrava di tornar bambino. Invece guardo i tetti di Torino, che questa mattina erano bianchi e adesso sono del loro colore, bagnati, molto semplicemente non nevicherà mai più come una volta.