L’OLOCAUSTO DEI NOSTRI GIORNI

Ammetto, ho sempre avuto difficoltà a *pensare* l’Olocausto, a pensare alla distruzione degli ebrei d’Europa, per citare il famoso libro di Hilberg, nonostantele letture, perché per me, nato nel 1974 in Italia, era impossibile immaginare come soltanto trent’anni prima ch’io venissi al mondo, a pochi chilometri da me, fosse successo quello che era successo, concepito e prodotto dall’uomo, tollerato dall’uomo. Questi tempi, gli ultimi cinque anni almeno, mi hanno invece dato quello che mi mancava: alla fine l’impensabile diventa pensabile, poi realizzato e tollerato: così, in fondo senza un motivo apparentemente serio, con una naturalezza bestiale, tragica e disarmante. Questo quotidiano non si dovrebbe condividere perché eccetera eccetera: e invece no, va condiviso, perché se pur questo giornale sia poco letto (o tanto, non so), questi pensieri li troviamo sui social, vengono rilanciati da profili finti, attecchiscono, la scintilla diventa fuoco, parlano così dal panettiere, sull’autobus, al mercato, signore anziane, uomini in cravatta, questo è ormai il pensiero dominante. Che non è di destra, non è fascista: è un pensiero disumano a livello pre-politico – il che, ovviamente, è peggio, perché sfugge al perimetro della politica, per cui la politica si deve allargare, si allarga il contenitore e l’Olocausto si trova poi lì, dietro all’angolo (certo, non QUELL’Olocausto, per fortuna irripetibile a quel modo, ma un altro sì, può venire, se continuiamo così verrà). [nella foto: pagina 6 di Libero, oggi]